Il mio sogno americano. perché si può anche sognare

"Molti viaggi continuano dopo che è cessato il movimento nel tempo e nello spazio" diceva John Steinbeck sul finire del suo libro "Viaggio con Charley". Anche il mio viaggio iniziato nella fantasia tanti anni fa, quando ero ancora bambino, e finito con il decollo dell'aereo dall'aeroporto "O Hara" il 4 luglio del 2016 continua in quello che ho appena finito di raccontare. Similmente a Othis Redding fischiando "Sitting on the dock of the bay", seduto alla mia scrivania e guardando fuori dalla finestra rivedo il viaggio come si può rivedere un film con le sue colonne sonore. Accompagnato dai Talking Heads cantando "Road To Nowhere" rivedo la strada venirmi incontro quando sapevo dove stavo andando ma non sapevo ancora quello che mi aspettava di vedere. Rivedo le immense coltivazioni di mais, le praterie, le mandrie negli allevamenti e allo stato brado, il deserto, le montagne, i boschi e le foreste, la coinvolgente maestosità del Grand Canyon e la vastità solitaria della Monument Valley, le architetture dell'Archers Park, il Canyonlands, le Montagne Rocciose: grandi città e piccoli centri, vita e oblio; luoghi epici, mitici nella mente di un ragazzino diventati realtà. Ho messo i piedi e percorso la Route 66 vivendo il fascino del suo passato.