LIBROPrima edizione.Qualche lieve fioritura passim, nel complesso esemplare più che buono.Opera prima di Arrighi, «sorta di preventivo supporto ai moti risorgimentali del 1859» (Farinelli, La scapigliatura, p. 33)», Gli ultimi coriandoli costituisce una delle pietre fondative della letteratura scapigliata. È qui che, per la prima volta in un’opera di narrativa compare il termine “scapigliatura” secondo l’accezione comune: «No mia cara; egli è un disperato, sempre al verde; non te lo presenterei per tutto l’oro del mondo; è il re della scapigliatura artistica di Milano». Ambientata nel clima turbolento che precedette i moti milanesi del 1853, «l’opera affrontava il problema del registro espressivo, presentandosi come romanzo “contemporaneo” (non “storico”), dunque versato e incline alla mimèsi del “colore locale” senza per questo optare per la scelta del dialetto schietto» (G. Scalessa, Righetti, Carlo, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 87, 2016). -- Sempre legata a questioni linguistiche era anche la dedicatoria «Ad / A . dro M . oni / Audacemente / offre / l’Autore», così come il richiamo di Manzoni nell’«Introduzione» dell’opera, quasi a giustificativo del sistema linguistico impiegato: «Manzoni [.] fece parlare i suoi personaggi assolutamente com’essi avrebbero parlato vivendo, e per amor del colore non risparmiò neologismi e solecismi, e perfino sgrammaticature, le quali, sotto la magica penna di lui, si cangiavano in eleganze di squisitissimo gusto». -- Gli ultimi coriandoli uscì per la casa editrice de «L’uomo di Pietra», rivista satirica fondata dallo stesso Arrighi nel 1856, caratterizzata da posizioni apertamente anti-austriache (vi collaborarono, tra gli altri, Giuseppe Rovani e Antonio Ghislanzoni, per limitarci agli scapigliati). Il romanzo ebbe ampia fortuna, e occorre forse fare un poco di chiarezza nel panorama bibliografico, non sempre tracciato con precisione negli studi precedenti: nel 1857 uscì questa prima edizione, in cui il testo «era stato largamente mutilato dalla censura, che ne aveva così falsato la primitiva fisionomia» (Mariani, Storia della scapigliatura, p. 14). -- Nello stesso anno, dice Parenti (Rarità, III, p. 143), uscì una seconda edizione curata dall’autore, di cui però non si riscontra alcuna traccia, né nell’Opac Sbn né nei repertori consultati, e nemmeno è dato sapere dove Parenti tragga questa informazione. Nel 1860, a testimonianza del successo del romanzo, vide la luce un’edizione napoletana presso lo Stabilimento Tipografico alla Strada Sette Dolori n. 37, primo volume della «Biblioteca delle strade ferrate ossia collezione de’ migliori e più nuovi romanzi, drammi tragedie, viaggi ecc. de’ più celebrati autori di ogni nazione»: è questa la seconda edizione “certa”, su cui intervenne nuovamente la censura, ora borbonica. -- È lo stesso Arrighi a ricordarcelo, nell’introduzione dell’edizione definitiva del 1867: «una seconda edizione comparve a Napoli sotto i Borboni, ma — strano a dirsi! — ancora più mutilata dell’austriaca». Nella sua Storia della scapigliatura, p. 14, Mariani dichiarò di non averla mai vista, e anche Della Bianca in Cletto Arrighi romanziere scapigliato, pp. 156-60, dubitava della sua esistenza; e tuttavia, abbiamo potuto riscontrare che nell’Opac Sbn ne sono censite due copie, una conservata a Campobasso, l’altra a Reggio Calabria. Nella stessa introduzione Arrighi afferma che uscì un’edizione svizzera, pressoché integra, che non entrò però mai in Lombardia, subito sequestrata dalla dogana austriaca. Infine, nel 1867, a Milano, uscì l’edizione definitiva curata dall’autore a cui abbiamo già accennato, priva di ogni intervento censorio: stampata presso la Casa Editrice degli Autori Editori, recava al secondo volume la dicitura “Terza edizione”. -- L’edizione che qui presentiamo è abbellita da cinque tavole fuori testo di Giovan Battista Zambelli, incisore e silografo cremasco, che collaborerà con Arrighi anche in altre occasioni (si vedano ad esempio le illustrazioni nella «Strenna della politica del popolo»). Nel 1860 Arrighi trasse da Gli ultimi coriandoli il dramma in tre atti intitolato Le lettere anonime, messo in scena al Teatro Re di Milano dalla compagnia Sternei.Bibl.: Parenti, Rarità, III, pp. 142-3.