Détails
Éditeurs
Policarpo Merande
Description
Cinque volumi in-8° (18,9 x 11,5 cm.), pp. (4), IV, (2), 267; (4), 265, (3); (4), 260; (4), 299; (2), 290, legature in mezza pergamena, titoli in oro su tasselli, tagli a spruzzo. I volumi terzo e quinto provengono da altro esemplare della stessa edizione e mancano dell'occhietto. Lievi bruniture maggiormente accentuate al quinto volume. Nel complesso buona copia. Rarissima prima edizione italiana. Considerata 'il primo e più grande classico del pensiero economico moderno', questa traduzione nacque nel vivace contesto dell'Illuminismo napoletano, allora tra i principali centri europei di riformismo economico, giuridico e sociale. Non sorprende che proprio nella città di Antonio Genovesi, Gaetano Filangieri e Ferdinando Galiani si sentisse la necessità di rendere accessibile in italiano un'opera destinata a rivoluzionare la riflessione sul lavoro, sul valore, sul mercato e sul ruolo dello Stato nell'economia. Oltre alla sua rilevanza teorica, la versione napoletana della Ricchezza delle nazioni si distingue per la sua estrema rarità bibliografica: gli esemplari completi sono oggi quasi introvabili. È dunque una delle più ricercate e sfuggenti traduzioni settecentesche, testimonianza diretta della precoce ricezione del pensiero di Smith nel mondo continentale. La traduzione, talvolta libera e adattata al contesto italiano, rimane un documento cruciale del dialogo tra cultura britannica ed europea nella seconda metà del XVIII secolo. Pubblicata per la prima volta nel marzo del 1776, l'opera di Smith rappresenta non tanto una novità assoluta quanto una vera e propria summa economica: un sistema organico che ordina e sviluppa le intuizioni degli economisti precedenti. La celebre frase secondo cui non dobbiamo il nostro pranzo 'alla generosità del macellaio, del birraio o del fornaio, ma alla valutazione che essi fanno dei propri interessi' è divenuta il simbolo del liberalismo economico, ma non esaurisce il pensiero dell'autore. Smith non riduce infatti l'attività economica al solo perseguimento del profitto. L'uomo, secondo Smith, tende naturalmente a giudicare positivamente le azioni che favoriscono la coesione e il bene comune: la felicità individuale è inseparabile da quella collettiva. La sua visione dell'economia resta dunque profondamente umanistica: l'armonia sociale nasce dal delicato equilibrio tra interesse personale e solidarietà, tra libertà e responsabilità. In questo senso, Smith dimostra che l'economia è una scienza sociale, non una disciplina meccanica regolata da leggi fisiche. Un approccio che anticipa riflessioni poi riprese da Keynes, per il quale l'incertezza e i comportamenti umani sono elementi centrali della vita economica. La vera 'ricchezza delle nazioni', in definitiva, non risiede solo nel denaro, ma nei valori morali e civili che rendono possibile una società libera, equa ed efficiente. Einaudi 5343; Goldsmith 14107; Kress B-1987.