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Livres anciens et modernes

Rivista di studi danteschi: Anno XV - Fascicolo 2 (luglio-dicembre 2015).

Salerno, Roma., 2015

19,50 €

Adige Studio Bibliografico

(Trento, Italie)

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Détails

Année
2015
Série
Pubblicazioni del Centro Pio Rajna. Periodici;
Éditeurs
Salerno, Roma.

Description

Da p. 225 a p. 448, 24 cm, bross. Condizioni : USATO - Stato : Ottimo. Altre note : CONTIENE:\r\nAutore/i articolo: GIOVANNI BARBERI SQUAROTTI\r\nTitolo articolo: Fra teoria politica e politica militante: i canti di Carlo Martello (“Paradiso�, VIII-IX)\r\nIl critico esamina i due canti in cui è centrale la figura di Carlo Martello, ossia Paradiso VIII e IX. Malgrado ci si trovi nel cielo di Venere, lo studioso sottolinea che il punto centrale della trattazione dantesca è rappresentato non dall’amore, ma dalla politica. Attraverso la figura di Carlo Martello, che aveva conosciuto a Firenze nel 1294 e che morirà prematuramente, restando un sovrano potenziale, Dante si scaglia contro la politica degli Angioini e contro la linea guelfa e filoangioina del papa. In questo modo, Dante mostra vicinanza verso la politica di Cangrande della Scala. Barberi Squarotti, sulla base di alcuni riferimenti al quadro storico generale, colloca la composizione di questi due canti danteschi intorno alla metà del 1317 o poco prima.\r\nAutore/i articolo: GIUSEPPE ALVINO\r\nTitolo articolo: La memoria del “Fiore� in Dante. Alcuni inediti riscontri\r\nLo studioso si sofferma preliminarmente sulle diverse posizioni in merito all’attribuzione del poemetto “Fiore� a Dante Alighieri. Alvino sottolinea la complessità della questione, che appare ancora insoluta. Se c’è chi, come Paola Allegretti, ha pubblicato il testo del “Fiore� attribuendolo tout court a Dante, ci sono altri studiosi che hanno negato il nesso, come lo Stoppelli, che ha proposto di attribuire lo scritto a Dante da Maiano. Alvino, da parte sua, pubblica nel saggio, con le opportune delucidazioni, settanta riscontri inediti tra l’opera di Dante e il “Fiore�, estendendo la verifica testuale fino alla prima metà del Trecento. Inoltre, elenca anche una serie di corrispondenze di rime. I riscontri interni lo portano a concludere che è difficile escludere un qualche rapporto tra Dante e il poemetto, visto che dei settanta riscontri numerosi sono esclusivi di Dante e del “Fiore�. La questione attributiva, però, conclude il critico, è lungi dall’essere risolta.\r\nAutore/i articolo: PAOLO PASQUINO\r\nTitolo articolo: Aristotele nel commento dantesco di Benvenuto da Imola: la “Retorica�\r\nLo studioso sottolinea che tra il XIII e il XIV secolo si afferma, grazie allo sviluppo dei testi greci in traduzione, la “Retorica� di Aristotele, dopo un lungo periodo di oblio, affiancandosi ad altri testi sempre diffusi, come quelli di Cicerone. Uno degli ambienti importanti per lo studio della retorica è Bologna, dove opera un importante docente come Benvenuto Rambaldi da Imola, autore del celebre “Comentum� sulla Commedia dantesca. Pasquino esamina la presenza della “Retorica� aristotelica nel “Comentum�, evidenziando e discutendo i passi più significativi, che si riferiscono soprattutto a questioni tecniche comuni a poesia e retorica. Dunque l’uso di Benvenuto Rambaldi da Imola è legato ai suoi intenti di commentatore, lasciando da parte gli aspetti più propriamente retorici dell’opera di Aristotele.\r\nAutore/i articolo: CAMILLA TOSI\r\nTitolo articolo: Tra le carte di Carducci dantista\r\nLa studiosa ricorda il grande amore per i libri di Giosuè Carducci, che nel corso della sua esistenza ampliò notevolmente la sua biblioteca personale, anche a costo di sacrifici economici. A conferma dell’amore di Carducci per Dante ci sono le 558 schede relative al poeta trecentesco. Carducci possedeva anche delle Cinquecentine; inoltre, ed è l’argomento principale del saggio, il poeta aveva acquistato nel 1889 dall’amico e studioso Corrado Ricci un manoscritto pergamenaceo del XV secolo. Il frammento di codice contiene versi dei canti XX e XXI del Paradiso. La Tosi, descrivendo il manoscritto, sottolinea le sue non ottimali condizioni, procedendo in ogni caso alla sua trascrizione, aiutandosi, nelle parti illeggibili, con l’edizione critica del Petrocchi.\r\nAutore/i articolo: MICHELE PICIOCCO\r\nTitolo articolo: Una nota per per il “conte Guido�\r\nLo studioso ricorda che la tenzone tra Dante Alighieri e Forese Donati non ha attirato molte attenzioni in passato, mentre in tempi più recenti si è sviluppato un ampio dibattito critico, che ha messo in discussione l’attribuzione ai due poeti, da una parte, e si è soffermato sui rapporti tra i due protagonisti, dall’altra. In questo contesto, Piciocco si sofferma in particolare sui versi 13 e 14 del primo sonetto, “Chi udisse tossir la malfatata�, nel quale si parla di un ‘conte Guido’. Lo studioso respinge l’interpretazione tradizionale, che risale a Michele Barbi, secondo la quale si farebbe riferimento a Guido il Vecchio, progenitore della famiglia comitale, indicando però l’intera famiglia. Per Piciocco, invece, il personaggio in questione è Guido Salvatico. L’interpretazione viene sostenuta facendo ricorso a fonti documentali che permettono di conoscere meglio il contesto storico legato al sonetto in questione.\r\nAutore/i articolo: ENRICO MALATO\r\nTitolo articolo: ‘Poca favilla gran fiamma seconda’. Chiosa a Par., I 34-36\r\nLo studioso si sofferma sull’interpretazione della importante terzina 34-36 del primo canto del Paradiso. L’esegesi tradizionale dei versi è sostanzialmente concorde, sia dall’inizio, ma a parere di Malato non è soddisfacente e non rende conto delle notevoli problematiche alle quali fa riferimento Dante nel canto d’esordio del Paradiso. Più in particolare, per lo studioso, Dante, che aveva un alto concetto di sé, non fa riferimento ad altri poeti più grandi di lui, destinati ad ottenere dei risultati migliori. In realtà Dante, parlando di ‘miglior voci’, si riferisce alle ‘tre donne benedette’, ossia la Madonna, Santa Lucia e Beatrice, che lo hanno aiutato a sfuggire alla selva del peccato. Inoltre, la ‘gran fiamma’ scaturita dalla ‘poca favilla’ fa riferimento al risultato che Dante potrà ottenere dal suo impegno personale, permettendogli di giungere all’ambito premio dell’incoronazione poetica. Insomma, in questa chiave interpretativa, la terzina assume un altro significato, saldandosi ad altri passi del poema, evidenziati da Malato.\r\nAutore/i articolo: VERA RIBAUDO\r\nTitolo articolo: Sull’attribuzione a Lodovico Castelvetro di alcune postille all'�Inferno� (incunabolo Alpha K 1 13 della Biblioteca Estense di Modena)\r\nLa studiosa sottolinea che le “Spositiones� dantesche di Lodovico Castelvetro, filologo e critico cinquecentesco, sono rimaste in una posizione marginale nel dibattito critico dell’epoca, ma anche in seguito, salvo alcune eccezioni. Castelvetro ha commentato i primi 29 canti dell’Inferno e la studiosa annuncia la prossima pubblicazione dell’edizione critica delle “Spositiones�, a sua cura. A questo lavoro si collega anche un problema attributivo relativo ad alcune postille poste ai margini di un incunabolo contenente la “Commedia� con il commento di Cristoforo Landino, oggi conservato nella Biblioteca Estense di Modena. Il Tirabosochi nel 1781 ha attribuito le postille al Castelvetro, opinione in seguito ripresa da vari studiosi, senza però condurre uno studio completo e sistematico. Questo lavoro, condotto ora dalla Ribaudo, ha portato ad escludere in modo reciso l’attribuzione al Castelvetro. Si tratta, in realtà, di postille riconducibili alla mano di un semplice copista, e dunque senza alcun particolare valore.\r\n
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