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Livres anciens et modernes

Bono Salvatore

Schiavi. Una storia mediterranea (XVI-XIX secolo)

Il Mulino 2016 Prima Ed.,

36,00 €

Pali s.r.l. Libreria

(Roma, Italie)

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Détails

Auteur
Bono Salvatore
Éditeurs
Il Mulino 2016 Prima Ed.
Thème
Geografia
Description
S
Jaquette
Non
Etat de conservation
Comme neuf
Reliure
Couverture souple
Dédicacée
Non
Premiére Edition
Non

Description

8vo, br. ed. 451pp. Anche i cristiani compravano schiavi Alessandro Barbero, Tuttolibri - La Stampa Cerano schiavi nellItalia del Rinascimento, nella Spagna del siglo de oro, o nella Francia del Re Sole? Cerano schiave in casa dei mercanti del Boccaccio, nei palazzi dei patrizi veneziani, nelle botteghe di Michelangelo o di Raffaello? Molti, senza dubbio, risponderebbero di no. Semmai, si dir‡, cerano schiavi dallaltra parte del Mediterraneo, nel mondo musulmano: incatenati ai remi sulle galere del sultano, incarcerati nei bagni di Algeri, venduti nei mercati di Damasco o di Marrakesh. Che questa schiavit˘ diffusa sul versante islamico del mare nostrum fino al XIX secolo, e di cui ci ricordiamo grazie a secoli di martellante propaganda, avesse il suo riscontro sul versante cristiano, Ë qualcosa che abbiamo dimenticato. Solo da poco gli storici hanno riscoperto la persistenza della schiavit˘ nel Mediterraneo cristiano; questa sintesi di Salvatore Bono permette di apprezzare, con stupore, la vastit‡ del fenomeno. PerchÈ la documentazione non lascia dubbi. Nelle citt‡ costiere, la guerra permanente fra corsari cristiani e corsari musulmani riversava un flusso ininterrotto di schiavi, da una parte e dallaltra. Il fenomeno Ë rilevantissimo nel Cinque e Seicento, quando Siviglia Ë il pi˘ grande mercato di schiavi dEuropa, e a Napoli si trovano da 10 a 20.000 schiavi. Va calando nel XVIII secolo, perchË i tempi cambiano, lo zelo religioso si raffredda, la navigazione mediterranea simpoverisce, in un mare che non Ë pi˘ il centro del mondo. Ma Ë ben lontano dallo scomparire: centinaia di schiavi sono ancora impiegati dai Borboni nella costruzione delle reggia di Caserta (ma, per par condicio, ricordiamo che a Cagliari sotto i Savoia ancora nel 1812 erano sfruttati per i lavori pubblici un centinaio di schiavi turchi, ´quasi nudiª e ´morti dalla fameª). Attraverso innumerevoli storie individuali Bono fa emergere i destini collettivi. Gli schiavi sono quasi tutti catturati con violenza, dai corsari barbareschi o dai cavalieri di Malta; il destino pi˘ duro Ë quello di chi viene incatenato al remo sulle galere, ma la maggior parte sono venduti a terra (in Spagna lIVA sugli schiavi Ë al 20%). Ci sono mille motivi per comprarsi uno schiavo: la principessa vuole un paggetto moro, il mercante puÚ finalmente permettersi una concubina, lartigiano ha bisogno di un garzone, al possidente occorre un pastore. Schiavi e schiave vivono e lavorano accanto ai padroni, fra la casa, la bottega, lorto; le testimonianze sono abbastanza concordi sul fatto che sono meno maltrattati di quello che potremmo credere, a Tunisi come a Palermo. Non tutti, anzi forse una minoranza, finiscono la vita in schiavit˘. In patria, i governi e le famiglie si mobilitano, cercano di ritrovarli, raccolgono i soldi del riscatto. In questo la societ‡ cristiana Ë pi˘ efficiente, perchË Ë pi˘ articolata, suddivisa in corpi organizzati, in concorrenza fra loro: accanto ai governi cË la Chiesa, e nella Chiesa ordini religiosi specificamente vocati al riscatto degli schiavi: trinitari, mercedari. CosÏ, accade pi˘ spesso ai ´nostriª prigionieri in Oriente di veder arrivare gli zecchini del riscatto e ritornare a casa. Laltro modo per non finire la vita in schiavit˘ Ë di convertirsi e sperare nella liberazione da un padrone generoso; e anche questo Ë un fenomeno di massa, su entrambe le sponde. Farsi cristiano, o farsi ´turcoª, non garantisce la libert‡: sulle galere del re di Spagna o nei cantieri di Roma, lo schiavo che si Ë fatto cristiano si garantisce solo qualche colloquio col cappellano. PerÚ da tutte due le parti si predica che liberare gli schiavi Ë unopera buona, e i primi candidati, ovviamente, sono i convertiti (non per niente qualche padrone impedisce ai suoi schiavi di convertirsi, a bastonate). Per un nobile, Ë una bella occasione di mettersi in vista: a Bergamo il conte Silvio da Porcia, governatore veneziano della citt‡, d‡ un gran pranzo per festeggiare
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