Livres anciens et modernes
MANUZIO, Paolo (1512-1574)
Tre libri di lettere volgari
[Paolo Manuzio], 1556
950,00 €
Govi Libreria Antiquaria
(Modena, Italie)
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Détails
Description
Basso, pp. 187-188; Braida, p. 307; Edit 16, CNCE 28016; Quondam, p. 302; E. Pastorello, L'epistolario Manuziano. Inventario cronologico-analitico, 1483-1597, (Firenze, 1957), p. 15, no. 273; A. Renouard, Annali delle edizioni aldine, (Paris, 1834), p. 169, no. 15.
FIRST EDITION of Paolo Manuzio Italian letter's, which were reprinted in Pesaro by Bartolomeo Cesano in the same year. In 1560 Manuzio published an augmented and revised edition, to which was added a fourth book.
The work is dedicated to Antonio D'Avila, the last of the Constables of Cyprus. “Quando Paolo Manuzio, già editore di una delle più fortunate antologie di lettere volgari, stampa le sue proprie lettere [...] indirizza a Antonio D'Avila Gran Contestabile dell'isola di Cipro, una dedica che rispetta tutti i luoghi comuni: la motivazione dell'affezione del dedicante, individuata nell' ‘opinione di virtù', ritenuta, tra le tre cause che muovono all'amore (le altre due sono i benefici e la conformità di costumi), la più potente perché può nascere e si può esercitare anche da lontano, è seguita dall'espressione del ‘desiderio di servirlo & honorarlo', dalla lode della patria del dedicatario, Cipro, ‘molto honorata' ma resa anche più illustre ‘col lume delle sue rarissime virtù' e all'elenco delle ‘conditioni che riguardevole lo fanno: che sono, i costumi, gli studi, la grandezza dell'animo, e valor suo', e che danno onore alla sua illustre casata” (C. Schiavon, Una via d'accesso agli epistolari. Le dediche dei libri di lettere d'autore nel Cinquecento. Prima parte, in: “Margini. Giornale della dedica e altro”, 3, 2009, p. 16).
“Nel 1556 Paolo Manuzio dava alle stampe il suo epistolario, riprendendo nel titolo, Tre libri di lettere volgari, quello dell'antologia che lo aveva reso famoso […] E forse la decisione di pubblicare le sue lettere è da legare proprio al desiderio di uscire allo scoperto con un'opera in volgare che, più del latino, poteva rendere meno oscuro il suo nome. Puntò su una raccolta agile, di sole 143 lettere (più o meno la quantità raccolta in ciascuno dei due libri delle Lettere volgari), nel formato in ottavo, che ricordava molto da vicino la materialità della sua famosa antologia. Ma ciò che colpisce e rivela le finalità di questa operazione editoriale è il numero altissimo di destinatari: ben 102. L'obiettivo era forse quello di stupire per la quantità e la qualificazione dei suoi interlocutori, o meglio delle reti di conoscenze che era riuscito a costruire. Tra i destinatari troviamo infatti papi e illustri prelati (Marcello II, Ludovico Beccadelli, Pietro Carnesecchi, Rodolfo Pio di Carpi, Giulio della Rovere, Ranuccio Farnese, Bernardino Maffei), letterati di fama (Aretino, Castelvetro, Caro, Speroni), illustri patrizi veneziani (Federico Badoer). Unica debolezza, che in qualche modo rendeva meno aulico il progetto, è la presenza di alcune lettere ai familiari o riferimenti ai problemi degli stessi, in particolare del fratello Antonio. Ma nel complesso, dalla raccolta del 1556 emerge la cura con cui l'editore-umanista rafforza la sua immagine di studioso e autore, lasciando sullo sfondo il ruolo altrettanto importante per cui era conosciuto: quello di stampatore, erede di Aldo. Per riprendere le importanti distinzioni di Mario Marti, siamo qui di fronte non ad una semplice raccolta di lettere, ma ad un vero epistolario. La differenza è fondamentale: per epistolario si deve infatti intendere una selezione di lettere messa insieme dall'autore stesso, secondo i suoi criteri retorici e stilistici, mentre una raccolta di lettere obbedisce ad «intendimenti puramente editoriali», ed è effettuata spesso a posteriori. Dunque quello del Manuzio voleva essere un epistolario con obiettivi precisi […] Un filo rosso percorre la raccolta: l'esemplificazione della sua attività di letterato, e dunque l'esplicitazione dei suoi