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Libri antichi e moderni

Soffici, Ardengo

Kobilek. Giornale di battaglia

Libreria della Voce,, 1918

100,00 €

Pontremoli srl Libreria Antiquaria

(MILANO, Italia)

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Dettagli

Anno di pubblicazione
1918
Luogo di stampa
Firenze,
Autore
Soffici, Ardengo
Pagine
pp. 204 [4 bianche].
Editori
Libreria della Voce,
Formato
in 16°,
Edizione
Edizione originale.
Soggetto
Storia Narrativa Italiana del '900
Descrizione
brossura beige stampata in nero ai piatti e al dorso; titolo in rosso sul piatto superiore;
Prima edizione

Descrizione

LIBRO Edizione originale. Esemplare in stato di conservazione mediocre, con ampia mancanza alla parte superiore del dorso e piccole mancanze perimetrali; interno completo, pulito e completamente fruibile, con rade fioriture. Ardengo Soffici subito nel 1915 si arruolò volontario con il grado di sottotenente, e combatté al fronte. In questo libro — considerato uno dei più belli sull’esperienza militare durante la Prima guerra mondiale — racconta dell’undicesima battaglia dell’Isonzo, quella che portò alla conquista dell’altipiano della Bainsizza. -- «Le granate, le bombarde, le torpedini scoppiavano da tutte le parti in uno spazio di pochi metri quadrati; nuvoli di fumo e di polvere s’alzavano intorno a noi, oscurando il sole; sassi e terra piovevano sul cocuzzolo brullo; gli shrapnels schiantavano nell’aria inondandoci di pallottole. [.] Non saprei dire quanto restammo in quell’attesa di un colpo che ci sfracellasse e mettesse fine alla nostra agonia. So invece che a un certo punto i nostri spiriti si sollevarono d’improvviso, come se avessimo superato il limite massimo di un’angoscia istintiva, e una gaia serenità si diffuse fra noi. [.] La tempesta delle cannonate, degli urli, dei rombi, dei sibili continuava. Continuasse pure; noi ridevamo intanto per l’ultima volta, trasfigurati in una sorta di luce tragica che ci rendeva grandi. Se un giorno io dovessi ricevere un premio attestante il mio coraggio, vorrei che nella motivazione non si parlasse né di fatiche, né di pericoli affrontati, ma si scrivesse solo questo: “Fu allegro nella trincea del Kobilek”» (pp. 170-172).
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