Dettagli
Anno di pubblicazione
1977
Descrizione
In-4°, pp. IX, 361, brossura editoriale. Poeta e saggista francese, nato a Montpellier il 27 marzo 1899, morto a Parigi il 6 agosto 1988. Completò gli studi a Parigi dove, conosciuto J. Paulhan, trovò saltuario lavoro presso la casa editrice Gallimard. Nel 1926, assieme a un commento a liriche di Mallarmé, uscì la sua prima raccolta, Douze petits écrits. Nel 1930 aderì al surrealismo, impegnandosi politicamente, ma senza che l'orientamento marxista o gli estremismi del surrealismo esercitassero influenze di rilievo sulla sua opera. Per vivere, accettò un impiego presso le Messageries Hachette (1931-37), da cui venne licenziato per aver partecipato attivamente alle lotte sindacali. S'iscrisse al Partito comunista (ne uscirà nel 1947), vivendo dei proventi di assicuratore e dedicandosi intensamente a terminare Le parti pris des choses, forse la sua opera più importante, certamente la più conosciuta, che uscirà nel 1942. Negli anni dell'occupazione tedesca, P. partecipò attivamente alla Resistenza; ma a guerra terminata il suo impegno politico si ridusse considerevolmente, soprattutto perché diverse e intense suggestioni gli venivano dalla frequentazione di esponenti dell'avanguardia artistica come Braque, Picasso e Dubuffet, cui nel corso degli anni dedicherà alcuni saggi. P. riconosce agli oggetti una priorità ontologica che l'eccessivo soggettivismo e l'irrealismo cui sono improntati cultura e linguaggio contemporanei hanno loro negato. Strumento primario di questa riforma dev'essere un linguaggio che, rinnegando codici interpretativi, antropocentrismo e astrazioni della poetica tradizionale, sia del tutto rapportato all'oggetto, del quale scopre ed evidenzia aspetti inediti e valenze insospettate 'giocando' con affinità semantiche, con assonanze foniche, con indagini etimologiche. Ne deriverebbe la consapevolezza 'della sostanziale profondità, della varietà e della rigorosa armonia del mondo', e fors'anche una nuova definizione dell'uomo e del suo rapporto con le cose: scoprire un aspetto sconosciuto delle cose equivale infatti a illuminare un angolo oscuro dell'animo umano, in quanto descrivere l'oggetto esterno porta di necessità a una definizione contestuale dell'emozione che esso suscita. Se dunque non sarà possibile penetrare e definire l'essenza dell'oggetto, si potrà almeno percepirne gli 'armonici', che la scrittura poetica - definita objeu in quanto forma retorica perennemente rimessa in gioco, o proème in quanto composizione provvisoria - accerterà e descriverà via via in un'ininterrotta serie di avvicinamenti, ognuno dei quali dotato della stessa dignità attribuibile a un'opera finita in quanto tappa di uno straordinario work in progress, proteso alla conquista di una realtà sfuggente e però unica. (Treccani, Eugenio Ragni.)