



Libri antichi e moderni
PETRARCA, Francesco (1304-1374)-CASTELVETRO, Ludovico (1505-15
Le Rime del Petrarca brevemente sposte per Lodovico Castelvetro
[Peter Perna] ad istanza di Pietro de Sedabonis, 1582
800,00 €
Govi Libreria Antiquaria
(Modena, Italia)
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Dettagli
Descrizione
First edition of Petrarch's Canzoniere with the extensive and important commentary by Lodovico Castelvetro.
“Le rime del Petrarca brevemente sposte portano la data del 18 ott. 1545; anch'esse però furono stampate postume, a Basilea nel 1582. Il Raimondi afferma che molte annotazioni presenti nella stampa di Basilea furono aggiunte al testo in epoca successiva al ‘45. La tradizione dei commentari petrarcheschi, in questa prima metà del Cinquecento, permaneva ricca e vivace: uno dei commentatori cronologicamente più contigui al C. è B. Daniello (1541) che ancora, con forza, ricerca nel Petrarca il modello di un mondo sentimentale ed intellettuale, organizzato in un equilibrio e un ordine perfettamente rispondenti a quelli postulati dal classicismo. La opera di C. è dunque in qualche modo dirompente: ridotto Petrarca e la sua poesia ad universo letterario altamente formalizzato ma pur sempre derivante da procedimenti letterari definibili dal critico, non rimane alcuno spazio per una interpretazione neoplatonica del Canzoniere, che vi delinei un itinerario d'amore, alla conquista del sublime (degli oggetti e dei segni che li esprimono). Il C. non rivendica né lo status del filosofo né del teosofo, ma del filologo, anzi del grammatico. Con minime aperture, nella parte iniziale dell'Esposizione, alla biografia dell'autore secondo i dati rinvenibili nei sonetti, l'ottica razionalistica del C. ricerca soltanto le strutture semantiche del testo per confrontarle con l'impalcatura lessicale e grammaticale, verificarne la pertinenza e la coesività. L'acribia critica ed intellettuale è totalmente devoluta ad una scienza letteraria, capace di definire i procedimenti testuali e la loro razionalità. Ma ad una modernità del C., in senso scientista […], occorre porre limiti precisi. L'analisi, ripetiamo, rigorosamente testuale, che il C. compie di Petrarca, come d'altronde di Dante e di altri, è tutta al livello di contenuto: gli stessi rilevamenti grammaticali che pure il letterato modenese compie con assiduità o sono al livello di critica di improprietà lessicali oppure di rinvenimento di stilemi sintattici tradizionali di cui egli mette in dubbio l'appropriatezza del contesto poetico. Gli sfugge dunque tutta la dimensione metalinguistica del testo, non distingue tra denotazione e connotazione riconducendo la seconda alla prima, ed infine appiattisce il gioco metaforico di certi versi (appunto ignorandone il livello connotativo) ridotto spesso ad un meccanico allegorismo. È chiaro come da un simile smontaggio il Canzoniere, testo quanto mai legato alle qualità metalinguistiche, ne esca a pezzi: i giudizi sui singoli sonetti, e soprattutto sui Trionfi, sono per lo più negativi: una pervicace volontà di ridimensionamento conduce gli oggetti, le situazioni narrate ad una sospirosa e un po' banale vicenda sentimentale. La canzone della Vergine, a proposito della quale il Dolce, nel proprio Commentario, diceva che Petrarca vi appariva non meno divoto religioso che buon poeta per il C. diventa un tentativo di nobilitazione dell'amor profano, incerto nell'intenzione e maldestro nel risultato, tecnicamente tutto sbagliato. Sulla funzione storica dell'Esposizione del C. dice già abbastanza questa diversificazione con i commenti precedenti, di cui quelli di Dolce e di Daniel