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Libri antichi e moderni

Salvatore Spiriti, Pasquino Crupi

Mamachiana per chi vuol divertirsi

Rubbettino, 2017

13,30 € 14,00 €

Rubbettino

(Soveria Mannelli, Italia)

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Dettagli

Anno di pubblicazione
2017
ISBN
9788849811858
Autore
Salvatore Spiriti
Pagine
XI-140
Collana
Classici della letteratura calabrese
Editori
Rubbettino
Formato
131×211×17
Curatore
Pasquino Crupi
Soggetto
Poesia di singoli poeti
Stato di conservazione
Nuovo
Lingue
Italiano
Legatura
Rilegato
Condizioni
Nuovo

Descrizione

“Di famiglia patrizia, dei marchesi di Casabona, Salvatore Spiriti nacque a Cosenza il 12 novembre del 1712 e lì venne a morte, dopo una vita intensa e proficua, il 28 marzo del 1776. Come è tradizione della gioventù agiata, studia giurisprudenza a Napoli. A Cosenza rimette in cammino l'Accademia cosentina che aveva perso nella sua secolare storia parecchio smalto. I Borboni lo buttano in carcere a Lipari per il sospetto di simpatie verso il governo austriaco, ma è ben presto rilasciato per l'intervento di un suo zio, Francesco Antonio Cavalcanti. Questo precedente penale non gli ostacola la carriera. Né impedisce a Filippo V (Versailles 1683 - Madrid 1746), re di Spagna, di attribuire il titolo di marchese a Salvatore Spiriti, che si veniva distinguendo nella battaglia giusnaturalista. Fu consigliere del supremo magistrato del commercio e quindi giudice della Gran corte della vicaria. Varia e composita è l'attività intellettuale di Salvatore Spiriti la cui testa, comunque, è girata sulla cultura della sua terra e sui problemi del Regno di Napoli. Nel campo delle umane lettere esordisce all'età di 16 anni con il poema “Il Giosuè”, rimasto inedito. Scrive assai più tardi, quando ormai aveva 64 anni, il canto genetliaco, “Per l'avventuroso nascimento di S.A.S. Filippo Antonio di Borbone Principe reale delle Due Sicilie”, che appare in appendice a “Memorie degli scrittori cosentini” (Napoli 1750). Traduce e commenta l’“Alcone, o sia del governo dei cani di caccia” (Napoli 1756) di Girolamo Fracastoro (Verona ca. 1478 - Incaffi, Verona, 1553). E ancora: il “De machina electrica” (Napoli 1760), le “Osservazioni sulla Carta di Roma, con cui si derogano gli editti del Duca di Parma, colla giunta delle provvidenze pubbliche da varie Corti di Europa su tale dipendenza” (Venezia 1768).” (Dall’Introduzione di Pasquino Crupi)
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