Libri antichi e moderni
PASCOLI, Giovanni (1855-1912)
Myricae
Tipografia di Raff. Giusti, 1892
1800,00 €
Govi Libreria Antiquaria
(Modena, Italia)
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Dettagli
Descrizione
Prima edizione in commercio. Myricae era stato stampato l'anno precedente dal tipografo Giusti in una tiratura limitata di venticinque copie in occasione delle nozze Marcovigi (cfr. Parenti, Prime edizioni italiane, p. 391). La raccolta era nel frattempo passata da una ventina di componimenti a più di settanta.
Myricae, dalla sua prima redazione alla sesta e definitiva del 1903 (edizioni intermedie con aggiunte apparvero nel 1894 e nel 1897), rappresenta meglio di ogni altra raccolta del Pascoli una nuova poetica, la poetica del “fanciullino”, legata al decadentismo e al simbolismo europeo nella sua volontà di riscoperta del potenziale poetico delle cose più semplici e quotidiane, che in Pascoli si accompagna anche ad un gusto impressionistico, quasi da bozzetto. Si tratta di una poesia di sofferta introspezione, di morbosa inquietudine, che nasconde un tentativo di evasione dalla violenza e dall'urgere della realtà e di trovare rifugio nei luoghi domestici e più intimi, nelle campagne e nelle località di provincia.
Pascoli, che può essere considerato anche come l'ultimo grande poeta neolatino, pubblicò varie altre raccolte poetiche. Tra queste ricordiamo: Primi poemetti (1897); i Canti di Castelvecchio (1903; forse il suo capolavoro), i Poemi conviviali (1904); Odi e inni (1906); e i Nuovi poemetti (1909).
Nato a San Mauro di Romagna, la vita di Pascoli fu sconvolta dalla morte del padre, amministratore di una tenuta agricola, che fu assassinato il 10 agosto del 1867. L'anno seguente morirono anche la madre e la sorella. Il piccolo Giovanni passò molti anni in collegio. A Rimini e Cesena, dove conseguì la maturità, si avvicinò alle idee socialiste ed anarchiche. Per aver parteciapto ad una manifestazione in favore degli internazionalisti imolesi, nel 1879 venne arrestato e rimase in carcere per più di tre mesi. Dopo il rilascio terminò gli studi e iniziò la carriera di professore di greco e latino, dapprima a Matera, quindi a Massa e dal 1887 a Livorno. Il suo giovanile spirito irredentista e rivoluzionario si trasformò nel frattempo in un umanitarismo socialista, permeato di nazionalismo e favorevole al colonialismo.
Nel 1897 fu chiamato a insegnare letteratura latina a Messina. Dal 1902 al 1905 fu a Pisa, per poi passare a Bologna, dove assunse la cattedra di letteratura italiana che era stata del Carducci. Morì a Bologna nel 1912.
Catalogo unico, IT\ICCU\LIA\0001033; Gambetti-Vezzosi, Rarità bibliografiche del Novecento italiano, p. 644.