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Libri antichi e moderni

Pietro Mirabile,LA LUCE DEL GRAAL (LAUS FIDEI),Palermo 1995[Silvano Panunzio

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Descrizione




Pietro Mirabile
LA LUCE DEL GRAAL (LAUS FIDEI)
Con una introduzione e un giudizio conclusivo di Silvano Panunzio
Thule, Palermo, 1995, prima edizione
Cartoncino, 21 x 14,5 cm, pp. 5-94
Con immagini in bianco e nero.

Peso: g. 145


Cod. 2228


CONDIZIONI DEL LIBRO: a parte per qualche segno del tempo,

il libro è in ottime condizioni.







Ho accennato in precedenza alla musa "conviviale" di Giovanni Pascoli:
ma occorre qui aggiungervi quella aulica e singolare del Gabriele d'Annunzio
della "Laus vitae". Tale grande e policromo testo poetico (1903) è stato considerato,
con ragione, il maggiore sforzo linguistico che si sia compiuto nel nostro secolo.
Ebbene Pietro Mirabile, nella nobiltà della sua humilitas di "ultimo", non
impallidisce neppure davanti a sì arduo confronto. Anzi, la gamma sonoramente
metallica del suo repertorio espressivo, si dimostra lontana dagli estetismi ornati
d'altri tempi, più congeniale al balenare corrusco e ai richiami apocalittici di questa
vera e propria "età del ferro": la quale c'impegna, å troppi gorgheggi, alla prova suprema.
Ma c’è di più. La Luce del Graal può venir concepita come la limpida risposta del
Verbo "cristiano" alla verbosa " pagani tà" del primo libro delle Laudi e al suo tipico,
ambiguo proclama: "il gran Pan non è morto".
Non a caso Pietro Mirabile - nomina sunt omina - ha avuto in sorte di portare un
nome allegorico non meno magico di quello che incornicia l'eccentrico "immaginifico".
Un nome "che suona": arcanamente ispirandosi alla semplicità e stabilità del principe
degli apostoli. E' un nome che sottintende, di fronte a un annunzio generico e
alquanto snobistico, la mirabilità del messaggio evangelico. Il quale, beninteso,
non rifiuta il retaggio dell'antico, ma s'innesta in modo genuino nel tronco della
classicità perenne.
Per tutto ciò, il nostro epico autore può legittimamente apporre al suo canto un
sottotitolo qualificante e significativo: "Laus fidei".
Invero questo pensoso carme, informandosi all'universalità del simbolo graalico,
con sapienti tocchi rievoca l'intero ciclo cristiano dai suoi storici inizi fino alla
trascendenza del suo traguardo "ultimo"; avendo cura, via via, d'indicare il
soprasenso insito nella "Cavalleria Celeste" di un Medio Evo che non conosce tramonti
Nell'attuale bassa stagione in cui larvali lèmuri ammantati di false dottrine
blaterano della "morte di Dio" uno schietto poeta-teologo avverte:
Cristo Signore, Re Divino del Cielo e della Terra, sempre risorge nella Luce
del Graal mercè i cavalieri invisibili che lo custodiscono, l'innalzano, e lo tramandano.
Silvano Panunzio




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