br, ed. pp.2095. "Il mio primo incontro con Hˆlderlin Ë avvenuto nel momento in cui stavo entrando all'universit‡, avevo diciassette anni e iniziavo le frequenze a Padova. Un amico mi fece avere una vecchia edizione di Hˆlderlin in caratteri gotici, assicurandomi che avrei riconosciuto senza alcun dubbio un grande poeta, e io cominciai, col poco tedesco che avevo, a decifrarlo." (dall'introduzione di Andrea Zanzotto) Di un volume come quello curato da Luigi Reitani, con uno scritto di Andrea Zanzotto, Tutte le liriche di Friedrich Hˆlderlin, non si sa che cosa ammirare di pi˘: se l'acribia filologica, la cultura storico-letteraria, le limpide traduzioni o l'ampio apparato bibliografico oggetto di discussione e verifica nelle 600 pagine di commento e note. Un'opera monumentale che raccoglie sia le poesie pubblicate da Hˆlderlin su riviste e almanacchi, sia l'ampio lascito inedito. Sono le disarmonie qui a colpire di pi˘, le dissonanze, le tensioni che non s'allentano in ritmi distesi, ma anzi stridono in suoni e parole incapaci di ritrovare un senso appagante. Ce n'Ë per tutti in questo splendido libro multiuso. I germanisti s'aggireranno per le pagine meno note gustando glosse che rasentano la sana pignoleria che Ë un po' il sale di ogni serio studioso. I patiti del grande poeta svevo scopriranno molte novit‡, specie nell'ampia parte del lascito: frammenti, schegge folgoranti, immagini e visioni disseccate dallo spasimo e dall'obnubilamento in cui Hˆlderlin visse per oltre tre decenni, nella sua "torre" a Tubinga in casa del falegname Ernst Zimmer, fino alla morte, a settantatrÈ anni, nel giugno del 1843. E anche al normale lettore Ë riservata un'ottima accoglienza. Tra inni e lieder, epigrammi e idilli, nei meandri di una tesa lirica esistenziale che s'innalza a sublime riflessione sul destino della poesia e sulle possibilit‡ mitopoietiche del linguaggio, egli potr‡ compiere un grande viaggio culturale. PerchÈ leggere Hˆlderlin significa rivivere un momento essenziale della cultura europea fra Sette e Ottocento, immergersi nel sogno di una nuova antropologia, commisurare utopia e realt‡, sogno rivoluzionario e disincanto storico. C'Ë una sorta di paradosso in tutto ciÚ: la lirica hˆlderliniana, che ha momenti di struggente autobiografismo, Ë soprattutto un dialogo sempre aperto con la propria epoca. Con gli amici fondatori dell'idealismo, da Schelling a Hegel; con i Dioscuri della letteratura tedesca coeva, Schiller e Goethe; con i classici greci, i filosofi antichi; con i corifei di una nuova sensibilit‡, da Herder a Rousseau. E infine con i grandi avvenimenti epocali: la rivoluzione francese e la sua tradita promesse de bonheur, Napoleone, icona di amore e odio, di speranze e disillusioni. Ma non tema il lettore: tale dialettica trova chiarimenti e riscontri nelle note che formano un ampio capitolo di storia della cultura tedesca. E se qualcuno pensa che Hˆlderlin non sia pi˘ attuale, si sbaglia di grosso. Ce lo ricorda Zanzotto, che vi ritrova delle zone "oracolari, piziache quasi". E ce lo rammentano i tanti versi sull'erranza, la solitudine umana, su un'idea di modernit‡, che ha smarrito le ragioni profonde del vivere, sul tema della natura e del paesaggio, che oggi possono essere declinati in termini ecologici, alla luce delle nostre paure collettive e dei disastri sempre pi˘ incombenti. E in tempi di totale integrazione, l'apocalittico Hˆlderlin, l'eterno viandante incapace di adeguare il proprio destino allo spirito del mondo, ci consegna versi di ammonizione, vibrazioni di un disagio che parla anche al nostro cuore di postmoderni: "AhimË, dove trovare, - recita una delle liriche pi˘ famose, ´Met‡ della vitaª - quando/E' inverno, i fiori, e dove/Il raggio del sole,/E l'ombra della terra?/I muri stanno/afoni e freddi, nel vento/Stridono le banderuole". E' una voce disperata che si fa pi˘ esile e rarefatta negli anni della follia, dove la poesia continua a parlare. Una voce di melodie astratte, una musica d'esilio per chi come Hˆlderlin sognÚ invano un'umanit‡ realizzata e libera.