Venere siede sul bordo di uno sperone roccioso; con la mano sinistra afferra il volto di Amore, che tiene con entrambe le mani una torcia accesa. Bulino, 1530-32 circa, privo di firma e indicazioni editoriali. L’opera è ritenuta da Bartsch creazione di Giulio Pippi de' Jannuzzi, detto Giulio Romano (1492-1546), incisa da Agostino Veneziano; Armano, invece, indica il Raimondi quale incisore della lastra. Risale al periodo mantovano di Agostino, dove si ispirava ai soggetti di Giulio Romano. Agostino de Musi, detto Agostino Veneziano, nacque in Veneto, forse a Venezia, intorno al 1490, periodo fissato approssimativamente dagli studiosi in base alle date più antiche incise su alcune stampe. Si recò a Roma nel 1515/16, dove entrò in rapporto con Marcantonio Raimondi, divenendone, insieme a Marco Dente, uno dei principali alfieri e poi collaboratori nella "ditta" Raimondi, la prima vera e propria impresa artistico-commerciale impegnata nella riproduzione di soggetti raffaelleschi. Ad un periodo, fino al 1520, di intensa attività della bottega di Marcantonio seguirono probabilmente anni più difficili dovuti alla morte di Raffaello nel 1520 e all'imprigionamento dello stesso Raimondi intorno al 1523-24 per aver inciso alcuni soggetti lascivi. Il sacco di Roma del 1527 spinse il De Musi a lasciare la città, verso Mantova, attratto da Giulio Romano. La collaborazione con Giulio coincide con un periodo caratterizzato da alti risultati artistici e da un'intensa produzione, risalente agli anni 1530-1532. Queste incisioni rivelano una particolare attenzione verso ricerche di carattere luministico, già presenti forse nei disegni di Giulio Romano, e spesso sottolineate dall'introduzione di sorgenti di luce artificiale che rendono più evidenti i contrasti. La produzione incisoria di Agostino è assai vasta e consistente numericamente, soprattutto se rapportata al breve arco di tempo in cui fu realizzata, all'incirca tra il 1514 e il 1536. Alle 139 incisioni riportate dal Bartsch sono da aggiungere le nuove 4 citate dal Passavant e le 8 riportate dallo Heinecken: si tratta di bulini tutti firmati o contrassegnati dal monogramma, a volte costituito da lettere normali, a volte da caratteri gotici; a queste opere sono da aggiungere anche un gruppo di circa 60 bulini anonimi di probabile o dubbia attribuzione. Magnifica prova, ricca di toni, impressa su carta vergata coeva, rifilata alla linea marginale, sporadiche fioriture visibili sul verso, per il resto in ottimo stato di conservazione. Due timbri di collezione al verso: uno della collezione Johann Melchior von Birckenstock (Lugt 345), ed un altro non leggibile. Bibliografia Le Blanc C., Manuel De L'amateur D'estampes, 44, V 0003 p 00075, 1854-59; AAVV, The Illustrated Bartsch, 318, V 0026 p 00320, 1978-1983; Donata Minonzio, DE MUSI (Di Musi, De Musis, Musi), Agostino, detto Agostino Veneziano in “Dizionario Biografico degli Italiani” - Volume 38 (1990). Venus sits on the edge of a rocky outcrop; with her left hand she grasps the face of Love, who holds a lighted flashlight in both hands. Engraving, c. 1530-32, lacking signature and printing details. The work is believed by Bartsch to be the creation of Giulio Pippi de' Jannuzzi, known as Giulio Romano (1492-1546), engraved by Agostino Veneziano; Armano, however, indicates Raimondi as the engraver of the plate. It dates from Agostino's Mantua period, where he was inspired by Giulio Romano's subjects. Agostino de Musi, known as Agostino Veneziano, was born in the Veneto, possibly in Venice, around 1490, a period set approximately by scholars based on the earliest dates engraved on some prints. He went to Rome in 1515/16, where he entered into a relationship with Marcantonio Raimondi, becoming, along with Marco Dente, one of his principal pupil and later collaborators in the Raimondi “firm,” the first real artistic-commercial enterprise engaged in the reproduction of Raphaelesque subjects. A period, until 1520, of intense activity in Marcantonio's workshop was probably followed by more difficult years due to Raphael's death in 1520 and the imprisonment of Raimondi himself around 1523-24 for engraving some lascivious subjects. The Sack of Rome in 1527 prompted De Musi to leave the city, heading for Mantua, attracted by Giulio Romano. The collaboration with Giulio coincided with a period characterized by high artistic achievements and intense production, dating from the years 1530-1532. These engravings reveal a particular attention to luministic research, perhaps already present in Giulio Romano's drawings, and often emphasized by the introduction of artificial light sources that make contrasts more evident. Agostino's engraving production is very large and numerically consistent, especially when compared to the short time span in which it was produced, roughly between 1514 and 1536. To the 139 engravings reported by Bartsch must be added the new 4 cited by Passavant and the 8 reported by Heinecken: these are all signed or monogrammed engravingss, sometimes consisting of normal letters, sometimes of Gothic characters; to these works must also be added a group of about 60 anonymous enrgavings of probable or doubtful attribution. Magnificent proof, richly toned, printed on contemporary laid paper, trimmed at marginal line, in excellent condition. Two collection marks on verso: one from the Johann Melchior von Birckenstock collection (Lugt 345), and another unreadable. Bibliografia Le Blanc C., Manuel De L'amateur D'estampes, 44, V 0003 p 00075, 1854-59; AAVV, The Illustrated Bartsch, 318, V 0026 p 00320, 1978-1983; Donata Minonzio, DE MUSI (Di Musi, De Musis, Musi), Agostino, detto Agostino Veneziano in “Dizionario Biografico degli Italiani” - Volume 38 (1990). Cfr.