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Libro

Redi Francesco

Bacco in Toscana. Ditirambo di Francesco Redi Accademico della Crusca, con le annotazioni. In Napoli, Nella Stamperia di Giacomo Raillard, 1687.

880,00 €

Editoriale Umbra (Foligno, Italia)

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Dettagli

Autore
Redi Francesco
Soggetto
ANTIQUARIATO

Descrizione

In 8 piccolo [mm. 157 x 103], pp. (12) – 304. In pergamena coeva con titolo ormai sbiadito al dorso, foro al morso anteriore. Carta di guardia anteriore parzialmente staccata. Carta con normale bruniture del tempo. Al frontespizio etichetta con il nome del possessore: Filippo Friggeri. Al risguardo anteriore annotazione: Bacco in Toscana del Sig. Fran.co Redi di Fiorenza. Al frontespizio marca tipografica rettangolare con una sirena coronata sul mare, in una corona vegetale con festoni. Capilettera e finalino al termine delle Annotazioni ornati. Seconda edizione dopo quella fiorentina del 1685 di questo famoso poema che dopo le prime 46 pagine, nelle annotazioni descrive le virtù del vino e dunque i benefici di un bere moderato, illustrando. Francesco Redi, figlio di Gregorio, medico del Granduca Ferdinando II, nacque ad Arezzo nel 1626 e si laureò in medicina e filosofia a Pisa nel 1647. Nei primi anni cinquanta è ospite a Roma del cardinale Colonna, poi tornato a Firenze entrò al servizio dei Medici: per la sua conoscenza di lingue e dialetti - francese, inglese, spagnolo e perfino l’arabo - venne incaricato insieme ad altri studiosi della correzione ed ampliamento del vocabolario della Crusca della cui accademia divenne Arciconsolo nel 1678. Come studioso fu un propugnatore del metodo galileiano che applicò a molti dei suoi studi scientifici. La sua vastissima cultura lo portò ad essere uno dei fondtori dell’Accademia del Cimento e ad essere nominato Archiatro del Granduca e, dopo la pubblicazione del Bacco in Toscana, venne chiamato a far parte dell’Accademia di Camera della Regina Maria Cristina di Svezia. Morì a Pisa il primo marzo 1697, dove si trovava con la corte medicea che si spostava per la stagione di caccia nella tenuta di San Rossore. Il suo corpo venne imbalsamato e portato come aveva deciso ad Arezzo, dove è sepolto nel grande monumento funerario erettogli dal nipote nella chiesa di San Francesco.