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Libro

Leopardi, Giacomo

Canti del conte Giacomo Leopardi

presso Guglielmo Piatti,, 1831

non disponibile

Pontremoli srl Libreria Antiquaria (MILANO, Italia)

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Dettagli

Anno di pubblicazione
1831
Luogo di stampa
Firenze,
Autore
Leopardi, Giacomo
Pagine
pp. [2 bianche] 165 [1 bianca].
Editori
presso Guglielmo Piatti,
Formato
in 12°,
Edizione
Prima edizione della raccolta ed edizione originale dei «Grandi
Soggetto
Poesia Italiana dell' 800
Descrizione
cartoncino originale alla bodoniana di color azzurro, ai piatti elaborata cornice che racchiude il titolo al piatto anteriore, un disegno di cetra al posteriore,
Lingue
Italiano
Legatura
Rilegato
Prima edizione

Descrizione

LIBRO Prima edizione della raccolta ed edizione originale dei «Grandi idilli». Ottimo esemplare in barbe (155 x 100 mm), molto fresco, nell’originale «cartoncino alla bodoniana» (dorso mancante reintegrato in carta simile non stampata; ex libris al contropiatto anteriore). «Sia dedicato a voi questo libro, dove io cercava, come si cerca spesso colla poesia, di consacrare il mio dolore, e col quale al presente (né posso già dirlo senza lacrime) prendo comiato dalle lettere e dagli studi» (G. Leopardi, “Agli amici suoi di Toscana”, in «Canti», Firenze, Piatti, 1831, p. 5). -- L’edizione fiorentina dei «Canti», uscita presso Piatti nel marzo 1831 in 1000 esemplari, rappresenta la consacrazione di Leopardi come poeta lirico: «la testimonianza del libro è quella di una rigorosa intransigenza lirica [.] e della piena fedeltà a una linea poetica sviluppata dal 1818 in poi» (De Robertis, p. LIX). Il volume accoglie ventitré componimenti numerati in romani: si ripubblicano, con significative varianti, le «Canzoni» 1824 e, tratti dai «Versi» 1826, gli «Idilli» e i versi sciolti di «Al Conte Carlo Pepoli». A questo nucleo praticamente già formato e solo lievemente ridisposto seguono, del tutto inediti, i «Grandi Idilli»: scritti tra il 1829 e lo stesso 1831, vennero subito indicati come il più alto livello di poesia di Leopardi e, più in generale, della coeva letteratura italiana; secondo il Gioberti si configurano come «i più bei versi lirici» dai tempi di Petrarca. La pubblicazione fu preceduta da un manifesto del luglio 1830 che Leopardi fece girare in tutta Italia, in cui già compariva il titolo di «Canti» (e a conferma del punto di arrivo dell’evoluzione della poesia leopardiana, esso non cambierà nelle successive edizioni). L’editore era ancora assente, e tuttavia Leopardi già si adoperava per assicurarsi un numero di associazioni sufficienti a poter trattare la stampa in condizioni favorevoli: in breve tempo si arrivò a oltre 600 copie richieste. E così, quando Leopardi concluse gli accordi con Piatti, poté concordare una tiratura di 1000 copie. Nonostante la documentazione sulle vicende editoriali che portarono alla pubblicazione sia decisamente scarsa – Leopardi era a Firenze e con Piatti poteva avere rapporti diretti –, la collaborazione tra autore ed editore non dovette essere facile: il poeta, scrivendo a Louis de Sinner il 24 dicembre 1831, lamenta la scarsa diffusione dell’opera anche in terra toscana ormai otto mesi dopo la pubblicazione, imputabile all’immobilismo di Piatti: «Voi avete ragione quanto alla negligenza del Piatti: questa è così estrema, che non solo a Parigi, ma a Siena, 13 leghe da Firenze, egli non ha mandato ancora un esemplare de’ miei Canti; avendo in quella città più di 60 associati». -- Al di là delle difficoltà sulla distribuzione, il poeta, sempre attentissimo alla cura grafico-editoriale delle sue pubblicazioni, alla fine apprezzò il lavoro: scrivendo a Paolina, giudicava infatti l’edizione come «molto pulita, legata in cartoncino alla bodoniana». G. Mazzatinti & M. Menghini, Bibliografia leopardiana (Firenze 1996 [ed. or. 1931]), n. 670; Catalogo del Fondo leopardiano, Biblioteca Comunale di Milano (Milano 1958), n. 99; G. Leopardi, Canti: edizione critica e autografi, cur. D. De Robertis (Milano 1984), pp. liv-lxi