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Stampa

ROSA Salvator

Cerere e Fitalo

1662

900,00 €

Antiquarius Libreria (Roma, Italia)

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Dettagli

Anno di pubblicazione
1662
Formato
235x355
Incisori
ROSA Salvator

Descrizione

Acquaforte e puntasecca, circa 1662, firmata in lastra in basso al centro. Esemplare nel secondo stato di due, con la lastra ritoccata nel piede destro di Fitalo e nel profilo di Cerere, alla quale viene, inoltre, aggiunta una terza ciocca di capelli. Magnifica prova, impressa su carta vergata coeva con filigrana “giglio nel cerchio e grappolo d’uva” (databile alla seconda metà del XVII secolo), con un bel tono di lastra, ampli margini, in perfetto stato di conservazione. L’opera descrive il mito di Cerere che, ospitata da Fitalo nella sua casa, in segno di gratitudine gli dona l’albero di fico che era sino ad allora sconosciuto agli uomini. Alcuni studiosi sostengono che il soggetto sia ispirato dalla Vita di Teseo di Plutarco ed altri che invece l’opera sia più banalmente dovuta alla predilezione dell’artista per il frutto del fico. “L’incisione è citata in una lettera scritta da Salvator Rosa all’amico Ricciardi nel 1662 dal suo eremo nella villa di Strozzavolpe presso Poggibonsi, insieme ad altre celebri realizzazioni: Policrate, Democrito, Alessandro e Diogene, l’Accademia di Platone, Diogene getta la scodella, e la Morte di Attilio Regolo. Si può concludere perciò che il 1662 fu un anno particolarmente felice e fecondo per il Rosa incisore, che ha legato la sua fama di grande artista grafico proprio ai rami eseguiti in questo periodo. Il soggetto raffigurato nella nostra stampa illustra il mito di Cerere che, ospitata da Fitalo nella sua casa, gli dona l’albero di fico sino ad allora sconosciuto agli uomini, in segno di gratitudine. La fonte da cui Rosa trae ispirazione nelle sue letture colte, è da ricercare nel Periegesis tes Ellados (I, 37, 24) di Pausania o nella Vita di Teseo (cap. XXIII) di Plutarco, ma alcuni critici hanno collegato questo soggetto con la nota predilezione dell’artista per il frutto del fico, riportata dal suo biografo Baldinucci.La scena raffigurata nell’incisione appare improntata ad una compostezza classica, per quanto sia stato notato che gli atteggiamenti delle due figure derivino dalla mimica del teatro contemporaneo, ampiamente noto e praticato dall’artista” (cfr. Massari, Tra Mito ed Allegoria, p. 446). Bibliografia Bartsch / Le Peintre graveur (XX.275.19); Wallace 1979 / The Etchings of Salvator Rosa (112.II); Salamon 98; S. Massari, Tra Mito ed Allegoria, p. 446, 170, II/II.