Questo sito usa cookie di analytics per raccogliere dati in forma aggregata e cookie di terze parti per migliorare l'esperienza utente.
Leggi l'Informativa Cookie Policy completa.

Sei in possesso di una Carta del Docente o di un Buono 18App? Scopri come usarli su Maremagnum!

Stampa

BEATRICETTO Nicolas Beatrizet detto

Colonna della Basilica di San Pietro

1550

600,00 €

Antiquarius Libreria (Roma, Italia)

Parla con il Libraio

Metodi di Pagamento

Dettagli

Anno di pubblicazione
1550
Formato
285x465
Incisori
BEATRICETTO Nicolas Beatrizet detto

Descrizione

Colonna tortile, San Pietro in Vaticano. Bulino, 1550 circa, firmato in lastra in basso al centro (negli esemplari di secondo stato): “Ant. Lafrerij Romae”. Esemplare nel secondo stato di tre, con l’indirizzo di Lafreri. Sono note una prova di stampa ante litteram e una tiratura successiva firmata da Giovanni Orlandi nel 1602. L’incisione viene attribuita da Silvia Bianchi a Nicolas Betarizet. Opera parte dello Speculum Romanae Magnificentiae, descritta nel catalogo Lafreri al numero 202 come: “Colonna santa condotta dal tempio di Salomone insieme con molte altre colonne poste in San Pietro”. La colonna tortile è una delle colonne vitineae della basilica costantiniana di San Pietro che erroneamente si credeva provenissero dal Tempio di Salomone a Gerusalemme. Le colonne erano dodici, e soltanto una è andata perduta. Le altre undici vennero utilizzate da Gian Lorenzo Bernini nella basilica vaticana: otto furono impiegate nelle edicole in alto nei piloni della crociera, due incorniciano l’altare della Cappella del Sacramento, e l’ultima è esposta nel Museo del Tesoro della Basilica. La prima rarissima tiratura della stampa è priva di scritte, quella qui pubblicata con l’indirizzo del Lafréry è la seconda edizione. L’opera appartiene allo Speculum Romanae Magnificentiae, la prima iconografia della Roma antica. Lo Speculum ebbe origine nelle attività editoriali di Antonio Salamanca e Antonio Lafreri (Lafrery). Durante la loro carriera editoriale romana, i due editori - che hanno lavorato insieme tra il 1553 e il 1563 - hanno avviato la produzione di stampe di architettura, statuaria e vedutistica della città legate alla Roma antica e moderna. Le stampe potevano essere acquistate individualmente da turisti e collezionisti, ma venivano anche acquistate in gruppi più grandi che erano spesso legati insieme in un album. Nel 1573, Lafreri commissionò a questo scopo un frontespizio, dove compare per la prima volta il titolo Speculum Romanae Magnificentiae. Alla morte di Lafreri, due terzi delle lastre di rame esistenti andarono alla famiglia Duchetti (Claudio e Stefano), mentre un altro terzo fu distribuito tra diversi editori. Claudio Duchetti continuò l’attività editoriale, implementando le lastre dello Speculum con copie di quelle “perdute” nella divisione ereditaria, che fece incidere al milanese Amborgio Brambilla. Alla morte di Claudio (1585) le lastre furono cedute – dopo un breve periodo di pubblicazione degli eredi, in particolare nella figura di Giacomo Gherardi - a Giovanni Orlandi, che nel 1614 vendette la sua tipografia al fiammingo Hendrick van Schoel. Stefano Duchetti, al contrario, cedette le proprie matrici all’editore Paolo Graziani, che si associò con Pietro de Nobili; il fondo confluì nella tipografia De Rossi passando per le mani di editori come Marcello Clodio, Claudio Arbotti e Giovan Battista de Cavalleris. Il restante terzo di matrici della divisione Lafreri fu suddiviso e scisso tra diversi editori, in parte anche francesi: curioso vedere come alcune tavole vengano ristampate a Parigi da Francois Jollain alla metà del XVII secolo. Diverso percorso ebbero alcune lastre stampate da Antonio Salamanca nel suo primo periodo; attraverso il figlio Francesco, confluirono nella tipografia romana di Nicolas van Aelst. Altri editori che contribuirono allo Speculum furono i fratelli Michele e Francesco Tramezzino (autori di numerose lastre che confluirono in parte nella tipografia Lafreri), Tommaso Barlacchi, e Mario Cartaro, che fu l’esecutore testamentario del Lafreri, e stampò alcune lastre di derivazione. Per l’intaglio dei rami vennero chiamati a Roma e impiegati tutti i migliori incisori dell’epoca quali Nicola Beatrizet (Beatricetto), Enea Vico, Etienne Duperac, Ambrogio Brambilla e altri ancora. Questo marasma e intreccio di editori, incisori e mercanti, il proliferare di botteghe calcografiche ed artigiani ha contribuito a creare il mito dello Specu.