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PITTONI detto "Battista Vicentino" Giovanni Battista

Haec Ostendit Insulam in Tiberi, Pontem Fabricii Et Pontem Cestii

1561

500,00 €

Antiquarius Libreria (Roma, Italia)

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Dettagli

Anno di pubblicazione
1561
Luogo di stampa
Roma
Formato
315x210
Incisori
PITTONI detto "Battista Vicentino" Giovanni Battista

Descrizione

Acquaforte e bulino, 1561, datata e firmata in lastra in basso al centro. Esemplare di secondo stato, con il numero 37 in alto a destra e il testo descrittivo la verso.Opera appartenente alla rarissima serie Praecipua aliquot Romanae antiquitatis ruinarum monimenta vivis prospectibus ad veri imitationem affabre designate. Si tratta di una serie di incisioni basate sull’omonima opera di Hieronimus Cock, stampata ad Anversa nel 1551 (frontespizio e 24 tavole). Tutte le rovine sono sinonimo di persistenza e decadenza. Eppure la specificità delle rovine romane, per l'editore di Anversa Hieronymus Cock (c. 1510-1570), risiede meno in una sublimità carica che in un persistente potere di modellare, di fornire modelli nel suo qui-e-ora olandese. La sorprendente serie di incisioni di Cock, i Praecipua Aliquot Romanae Monimenta fu pubblicata nel 1551. Uno dei primi prodotti della rivoluzionaria ditta Aux Quatre Vents di Cock, la Praecipua si è a lungo dimostrata problematica per gli storici dell'arte, poiché non sembra tanto documentare l'antica Roma quanto presentare la città come un paesaggio, una distesa di strutture disastrate. Scrivendo nel 1907, l'archeologo Hülsen si lamentava che le vedute di Cock "non ci insegnano quasi nulla" dell'antichità, e "descrivono solo quanto grave sia diventato lo sttao id conservazione dei monumenti". Eppure il fascino cinquecentesco delle stampe di Cock risiedeva proprio in questa rappresentazione della decadenza. Per il suo pubblico Cock frammentava le vedute del Colosseo, confondeva le distanze tra edifici come il Settizonio e le Terme di Diocleziano e corredava le rovine con piccoli animali e figure umane. In definitiva, le incisioni non erano importanti come documenti antiquari, ma come stampe di modelli, che vennero riutilizzati ed estrapolati da intarsisti tedeschi, fabbri olandesi e pittori italiani. Era il mezzo di stampa che permetteva a tali copie di ricostruire una Roma che non c'era più, non tanto mostrandola quanto rimettendola in scena attraverso una sorta di virtualità antiquaria. (cfr. Christopher P. Heuer, Hieronymus Cock's Aesthetic of Collapse, pp. 387, 389-408, Oxford 2009). Le lastre del Pittoni furono successivamente ristampate, nel 1582, nell’opera di Vincenzo Scamozzi Discorsi sopra l'Antichità di Roma. Queste prove recano al verso il testo descrittivo. Buona prova, ricca di toni, impressa su carta vergata coeva, con margini, minimi restauri alla piega centrale, per il resto in buono stato di conservazione.