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Stampe

LAFRERI Antonio

Veteris aquae Claudiæ ex Tiburtino forma

1549

600,00 €

Antiquarius Libreria

(Roma, Italia)

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Dettagli

Anno di pubblicazione
1549
Formato
480x365
Incisori
LAFRERI Antonio

Descrizione

Acquaforte e bulino, 1549, firmata e datata in lastra in basso al centro. Esemplare nel primo stato di quattro (cfr. Alberti, n. 51) o primo stato di tre (cfr. Rubach, n. 281), avanti l'indirizzo di Giovanni Orlandi. Iscritto in basso al centro: « Veteris aquae Claudiæ ex Tiburtino forma; uia portaque Noeuia ac Labicana, nunc Maioris appellatione, notissima; seruatis architecturæ legibus, et eadem in anteriore exterioreque parte, uncialium litterarum inscriptione repetita, nobilis » [Aspetto dell’antico acquedotto Claudio [proveniente] da Tivoli; la famosa via e porta Nevia e Labicana, ora chiamata «[Porta] Maggiore»; tenuto conto delle leggi dell’architettura, sia per la facciata anteriore che per quella posteriore, e con la trascrizione in lettere unciali della scritta; bellissima]. Il monumento è a doppio arco. La sua funzione era quella di consentire all’Acquedotto Claudio di scavalcare le vie Labicana e Prenestina. Secondo Spagnesi, le rappresentazioni cinquecentesche degli archi del Lafréry e del Serlio si differenziavano per il fatto che «il primo utilizzava prospettive con punto di fuga centrale per le ortogonali al piano di proiezione, prive di elementi diretti di misura del soggetto: una costante per tutto il Quattrocento da Brunelleschi a Giuliano da Sangallo. Non è un caso, se proprio da un disegno di quest’ultimo - addirittura - sembra in qualche modo derivata la stessa veduta lafreriana della Porta Maggiore. Il secondo, invece, impegnava proiezioni ortogonali con precise scale metriche, e relegava la prospettiva negli spigoli delle cornici e negli interni dei fornici per suggerire profondità, accennare spazi, non per rendere un oggetto nelle tre dimensioni». L’edizione del Lafréry è ripresa da quella edita per i tipi di Antonio Salamanca nel 1538. L’opera appartiene allo Speculum Romanae Magnificentiae, la prima iconografia della Roma antica. Lo Speculum ebbe origine nelle attività editoriali di Antonio Salamanca e Antonio Lafreri (Lafrery). Durante la loro carriera editoriale romana, i due editori - che hanno lavorato insieme tra il 1553 e il 1563 - hanno avviato la produzione di stampe di architettura, statuaria e vedutistica della città legate alla Roma antica e moderna. Le stampe potevano essere acquistate individualmente da turisti e collezionisti, ma venivano anche acquistate in gruppi più grandi che erano spesso legati insieme in un album. Nel 1573, Lafreri commissionò a questo scopo un frontespizio, dove compare per la prima volta il titolo Speculum Romanae Magnificentiae. Alla morte di Lafreri, due terzi delle lastre di rame esistenti andarono alla famiglia Duchetti (Claudio e Stefano), mentre un altro terzo fu distribuito tra diversi editori. Claudio Duchetti continuò l’attività editoriale, implementando le lastre dello Speculum con copie di quelle “perdute” nella divisione ereditaria, che fece incidere al milanese Amborgio Brambilla. Alla morte di Claudio (1585) le lastre furono cedute – dopo un breve periodo di pubblicazione degli eredi, in particolare nella figura di Giacomo Gherardi - a Giovanni Orlandi, che nel 1614 vendette la sua tipografia al fiammingo Hendrick van Schoel. Stefano Duchetti, al contrario, cedette le proprie matrici all’editore Paolo Graziani, che si associò con Pietro de Nobili; il fondo confluì nella tipografia De Rossi passando per le mani di editori come Marcello Clodio, Claudio Arbotti e Giovan Battista de Cavalleris. Il restante terzo di matrici della divisione Lafreri fu suddiviso e scisso tra diversi editori, in parte anche francesi: curioso vedere come alcune tavole vengano ristampate a Parigi da Francois Jollain alla metà del XVII secolo. Diverso percorso ebbero alcune lastre stampate da Antonio Salamanca nel suo primo periodo; attraverso il figlio Francesco, confluirono nella tipografia romana di Nicolas van Aelst. Altri editori che contribuirono allo Speculum furono i fratelli Michele e Francesco Tramezzino (auto.