48 tav., b/n La presente serie di Tarocchi (48 carte) fu acquistata all'inizio del secolo scorso a Venezia, e soltanto al principio di questo secolo, presso la collezione di Giovanni Brambilla, giunse alla conoscenza degli studiosi. Dopo la segnalazione del Di Parravicino (Three packs of Italian Tarocco Cards, in « The Burlington Magazine », III (1903), p. 237 ss., con riproduzione a p. 243), il Tosca la prese in esame nella sua fondamentale Pittura e miniatura nella Lombardia (Torino, 1912, pp. 626-627, e 1966, p. 218), osservando che le carte di proprietà Brambilla sono della stessa mano della serie in possesso del Duca Visconti di Modrone (67 carte) e dell'altra serie divisa fra l'Accademia Carrara di Bergamo (26 carte, di cui alcune di mano più tarda) e la coll. Colleoni della stessa città, ora presso la Morgan Library di New York (35 carte), e che tutte furono eseguite per Filippo Maria Visconti. Fra le carte di proprietà Visconti di Modrone il Tosca ravvisava inoltre, negli stemmi alternati con la biscia viscontea e la croce di Savoia, gli elementi per datare il mazzo dopo il matrimonio di Filippo Maria con Maria di Savoia, avvenuto nel 1428, e, ovviamente, prima della morte del Duca, avvenuta nel 1447. La presenza, d'altronde, nella serie qui presentata, della moneta aurea coniata da Filippo Maria (cfr. il seme di denari dove nell'Asso è il recto, nelle altre carte è il recto e il verso di quella moneta) stabilisce per la datazione lo stesso terminus ante quem dell'anno della morte di Visconti.La vicenda attributiva delle varie serie di tarocchi già citate ebbe un primo avvio ancora per merito del Tosca che vi ravvisava connotati stilistici assai prossimi all'arte degli Zavattari; e dello stesso avviso si professò il Van Marle (The Deve-lopment of the Italian Schools of Painting, The Hague, VII, 1926 p. 174); ma fu il Longhi nel 1928 (La restituzione di un trittico d'arte cremonese circa il 1460, in « Pinacoteca », 1928, p. 86; ristampato in « Me pinxit », Firenze, 1968,p. 63) che propose per la prima volta la identificazione dell'autore di questi, e degli altri tarocchi viscontei già noti, con Bonifacio Bembo nel suo periodo giovanile.Condivisero l'opinione del Longhi la Wittgens (Note ed aggiunte a Bonifacio Bembo, in « Rivista d'Arte », XIII, 1936) e C. Baroni e S. Samek Ludovici (La pittura lombarda del Quattrocento, Messina - Firenze 1952, p. 93) alla luce di una sempre più avvertita restituzione critica del catalogo e della personalità del cremonese Bonifacio Bembo.Più di recente il Samek Ludovici (Tarocchi. Il mazzo visconteo di Bergamo e New York, testo di I. Calvino e analisi di S. Samek Ludovici, Parma 1969, pp.156-157) ha ripreso in esame tutto il problema riaffermando l'intuizione del Longhi anche in ordine alla precocità, nel percorso del Bembo, delle carte già Visconti di Modrone (nel frattempo alienate ed ora di ubicazione ignota) e della serie qui presentata, non senza ravvisarvi infatti una traccia sottile della cultura lombarda della generazione precedente dominata dall'arte di Michelino da Be-sozzo, e confermando altresì la loro esecuzione per Filippo Maria Visconti in virtù dei molti contrassegni presenti, come il motto visconteo « a bon droyt», e divise quali il sole raggiante, oltre alla moneta aurea già menzionata.