LIBROPrima edizione.Esemplare complessivamente in ottimo stato, completo della rarissima sovracoperta professionalmente restaurata con le sue parti originali (velatura in volta e chiusura di minime lacerazioni, intervento perfettamente riuscito e quasi invisibile recto); ex libris al contropiatto anteriore di Aldo Lozito, con firma di appartenenza dello stesso avvocato e collezionista alla prima carta; delicata etichetta vintage di aumento prezzo al piede della quarta di copertina.La genesi del capolavoro di Buzzati è nota e insieme affascinante, e fu lui stesso a raccontarla ad Alberico Sala, curatore dell’edizione Oscar Mondadori del 1979: «Come mi è venuto in mente la storia del “Deserto dei Tartari”? Probabilmente tutto è nato nella redazione del “Corriere della Sera”, dal 1933 al 1939 ci ho lavorato tutte le notti, ed era un lavoro pesante e monotono, e i mesi passavano, passavano gli anni e io mi chiedevo se sarebbe andata avanti sempre così, se le speranze, i sogni inevitabili quando si è giovani si sarebbero atrofizzati a poco a poco, se la grande occasione sarebbe venuta o no, e intorno a me vedevo uomini, alcune della mia età, altri molto più anziani, i quali andavano trasportati dallo stesso lento fiume e mi domandavo se anch’io un giorno non mi sarei trovato nelle stesse condizioni dei colleghi dai capelli bianchi già alla vigilia della pensione, colleghi oscuri che non avrebbero lasciato dietro di sé che un pallido ricordo destinato presto a svanire». E così Buzzati rientrava dalla redazione del «Corriere» in piena notte, si sedeva sul letto e scriveva a mano su un quaderno. Nel marzo del 1939 inviò il manoscritto a Leo Longanesi, responsabile per Rizzoli della collana “Il Sofà delle Muse”, immediatamente prima di recarsi ad Addis Abeba per il suo primo incarico da inviato speciale. E proprio in Etiopia ricevette la conferma della pubblicazione, a due condizioni però: modificare il titolo «La fortezza», troppo militaresco e dunque poco appetibile per il pubblico, nel momento in cui l’Europa entrava in guerra; e sostituire nei dialoghi l’allocutivo “lei” in favore di “voi”, in ossequio alle direttive del regime fascista in ambito linguistico. Nella seconda edizione del 1945 e in tutte le successive, invece, venne reintrodotto il “lei”. Lo stallo di Drogo, prigioniero volontario nelle mura di una fortezza molto simile alla redazione del “Corriere della Sera”, la sua immobilità nell’attesa di una svolta che non arriverà mai, incarnarono alla perfezione i sentimenti e le frustrazioni di un’intera generazione: il romanzo ebbe un grande successo, che attirò subito anche il mondo del cinema, come ricostruisce con dovizia di particolari Lorenzo Viganò, curatore dell’edizione Oscar Mondadori Cult. Vittorio Gassman, Michelangelo Antonioni, Alain Delon, sono solo alcuni dei grandi nomi che progettarono la trasposizione cinematografica del romanzo, che alla fine sarà affidata a Valerio Zurlini, con un cast eccezionale: lo stesso Vittorio Gassman, Giuliano Gemma, Philippe Noiret, Jean-Louis Trintignant, Jacques Perrin a interpretare Drogo; e Ennio Morricone a comporre la colonna sonora, . La pellicola, uscita nel 1976, fu molto apprezzata, soprattutto dalla critica, e l’anno successivo si aggiudicò il David di Donatello.