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Libros antiguos y modernos

Lipsius, Justus

Iusti LipsI Politicorum siue Ciuilis doctrinae libri sex. Qui ad principatum maxime spectant. Additae Notae auctiores, tum & De vna religione liber. Omnia postremo auctor recensuit segue con numerazione contiuna ma con proprio frontespizio De una religione, adversus dialogistam liber. In quo tria Capita Libri quarti politicorum explicantur

Ex Officina Plantiniana, Apud Ioannem Moretum, 1596

480,00 €

Xodo Libreria Antiquaria

(Torino, Italia)

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Detalles

Año de publicación
1596
Lugar de impresión
Antverpiae
Autor
Lipsius, Justus
Editores
Ex Officina Plantiniana, Apud Ioannem Moretum
Materia
Filosofia del diritto, Filologia, Cinquecentine
Sobrecubierta
No
Copia autógrafa
No
Impresión bajo demanda
No
Condiciones
Usado
Primera edición
No

Descripción

In-8°, pp. (24),283, (5); (8), ai tre frontespizi bella marca tipografica plantiniana: Una mano che esce dalle nuvole traccia un cerchio col compasso con il motto: Labore et constantia. alla prima carta bianca note biografiche manoscritte sull'autore, legatura in pergamena con rinforzo sempre in pergamena al dorso. Alcuni aloni di umidità ai margini di alcune parti del volume. LIPSIO, Giusto (Iustus Lipsius, latinizzamento di Joost Lips) Nato ad Overyssche presso Bruxelles il 18 ottobre 1547, morto a Lovanio il 23 aprile 1606. Egli è soprattutto un filologo: lavora sui libri, accumula materiali eruditi, li analizza e li compara. Vuol farsi luce attraverso le dottrine e le osservazioni altrui: costruisce in mezzo a una soverchiante cultura che è in pari tempo la sua forza e il suo limite. Da questo sincretismo umanistico posterasmiano provengono i due motivi fondamentali del suo pensiero: l'etica stoica e la politica tacitiana. Infatti la sua coscienza politica si muove in una sfera di cosmopolitismo internazionale e la sua precettistica si vale di quell'adattamento dello storico di Tiberio ai nuovi tempi che è comune, se pur con diverse sfumature, a molti scrittori della Controriforma. L. non giunge a elaborare, né in forma giuridica né in forma filosofica, una vera teoria dello stato, ma perviene a una formulazione di precetti inerenti al governo e all'istituto monarchico, suggeriti da compromessi empirici più che da una tesi ideale.La figura del tiranno proietta la sua ombra anche sullo scrittore fiammingo: questi ritiene che i danni d'un moto rivoluzionario siano ben più gravi di quelli causati dal malgoverno di un despota. Quindi niente tirannicidio, ma sopportazione dei mali politici, cui dev'essere di conforto il pensiero che la Provvidenza saprà suscitare un ottimo principe dopo un malvagio.In materia di libertà religiosa L. si afferma intollerante, ma poi nega che si debbano perseguitare e punire gli eretici quando non compromettano la stabilità dell'ordine pubblico. Di fronte ai maggiori problemi, l'intransigenza iniziale del L. finisce col cedere a una visione più lata delle cose, e col riconoscere, nel momento pratico, talune esigenze dello spirito moderno negate in sede teoretica. (Treccani)
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