Detalles
Lugar de impresión
Firenze
Editores
Tipografia Fraticelli
Materia
Letteratura italiana, Linguistica, Purismo
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No
Descripción
In-24°, pp. 338, (2), brossura editoriale verde con titolo entro bordura. Ottima copia in barbe. Pubblicazione in piccolo formato di due dei maggiori scritti linguistici del Cesari, caratteristici del purismo ottocentesco e del desiderio di fare ritorno alla lingua depurata del Trecento. Scrive Sebastiano Timpanaro: '.Quello che, in rapporto alle sue idee, va considerato il suo capolavoro: la Dissertazione sopra lo stato presente della lingua italiana. Le motivazioni del trecentismo del C. sono in buona parte diverse da quelle dei suoi predecessori, e risentono potentemente del concetto settecentesco di 'natura'. Giova solo il ritorno al Trecento, che è in grado di offrire tuttora (non tanto per le singole parole, tra le quali il C., a dire il vero, non volle mai includere quelle che anche a lui parevano vere e proprie 'anticaglie', quanto per i 'modi di dire', le locuzioni) un patrimonio linguistico atto ad esprimere tutto il pensiero moderno. Ma questo appello al Trecento si colora di una certa tristezza nostalgica, di una consapevolezza dell'irrecuperabilità di quello stato di infanzia perduto: e qui il 'pedante' C. ha accenti che possono sembrare rousseauiani o leopardiani, ai quali anche un purista di orientamento mentale complessivo così diverso come il Giordani fu molto sensibile. A ribadire e completare le idee della Dissertazione, il C. pubblicò poco dopo. un lungo dialogo in tre parti, intitolato Le Grazie dal luogo (la villa delle Grazie presso Verona, di proprietà di Clementino Vannetti) in cui s'immagina che si sia svolto nel 1794. Interlocutori del dialogo - interlocutori che per lo più, come nel De oratore di Cicerone, non pronunziano brevi battute veramente dialogiche, ma lunghi discorsi didascalici - sono il Vannetti, sempre vivo nel rimpianto del C., e i suoi amici, puristi anch'essi, Giuseppe Pederzani e Antonio Benoni, ai quali si aggiungono nella parte terza due altri, messer Lizio e Gherardo. Le Grazie hanno lo scopo di integrare la Dissertazione, fornendo quella documentazione di parole e locuzioni del Trecento che a giudizio del C. meritavano di essere resuscitate, e che vengono amorosamente assaporate come 'ghiottonerie'. Impossibile, come già era stato accennato nella Dissertazione, motivare razionalmente la bellezza di queste voci e frasi: essa è avvertita, d'accordo con precedenti teorici settecenteschi, come un 'non so che', 'come non si sa perché è bello il sole'. Nella prima parte l'epoca attuale è violentemente vilipesa, con una frase tolta alla prima satira del Menzini, come 'secoletto miterino'. Malgrado la forma che dovrebb'essere più 'artistica', Le Grazie rappresentano per ogni aspetto un passo indietro in confronto alla Dissertazione: si è attenuata la motivazione del ritorno al Trecento come secolo vicino alla natura, e meno forte il senso dell'irrecuperabilità di quella fase aurorale della lingua: la pedanteria strettamente puristica tende a sopraffare quell'ispirazione settecentesca che rappresentava il germe più nuovo e vitale del pensiero del Cesari.' (D.B.I:, XXIV, 1980).