LIBROEdizione originale. CON AUTOGRAFO.Ottime condizioni di conservazione, esemplare pregiato dalla firma autografa dell’autore, «gozzano», tutto in minuscolo alla prima carta bianca.Rara opera. Contiene le poesie composte dall’autore tra i venti e i ventiquattro anni. Il volume ebbe recensioni positive sulle maggiori riviste letterarie del tempo e lanciò la carriera del giovane poeta, capofila dei crepuscolari. A distanza di appena quattro mesi fu stampata una seconda tiratura praticamente identica (lievi varianti, tra cui p. [7] v. 6 cassata la virgola in chiusura del verso), con in copertina menzione di «IIIa edizione». -- «La copertina della “Via del rifugio” fu composta da Filippo Omegna, torinese, fratello degli Omegna pionieri dell’industria del cinema. Il poeta si era rivolto in precedenza a Domenico Buratti (cfr. il suo “Canzoni di strada”, Torino 1945, pp. 150-2). Omegna, probabilmente coinvolto dalla madre di Gozzano, Diodata Mautino, seguì uno schizzo del poeta ispirato quasi certamente a un preciso scorcio di Palazzo Mautino, ad Agliè, trasferendovi un’orologio solare con cartiglio “Beati mortui qui in domino moriuntur” che invece assai probabilmente stava su casa Gozzano, e che ricompare nel testo in epigrafe dell’ultimo dei “Sonetti del ritorno”» (C.A.M. Burdet, Gozzano, i cugini Omegna e la copertina della Via del rifugio, in L’Escalina 3,2, ottobre 2014, pp. 317-334). -- «Nella primavera del 1907 esce presso l’editore Streglio di Torino la già annunziata “Via del rifugio”, ampia silloge della precedente produzione poetica riveduta tuttavia, e abbastanza drasticamente, come risulta dal componimento eponimo, che nel “Piemonte” del 12 febbraio 1905 recava il titolo dannunziano di “Convalescente”. [.] L’influenza più significativa, determinante per gli sviluppi della poesia del Gozzano, appare compiutamente nell’“Amica di nonna Speranza”, che esce, simultaneamente al volume, nella “Donna” del 20 maggio 1907. Non se ne fa il nome, ma è la presenza di Francis Jammes a garantire la novità dell’ispirazione. [.] Nei conversari con gli zii austriacanti emerge pure la natura non facilmente patriottica del componimento, che anzi può considerarsi il primo di un ciclo che si dirà, con Piero Gobetti (peraltro ostile al Gozzano), del “Risorgimento senza eroi”. La straordinaria abilità metrica di cui è dotato il Gozzano riprende dalle “Elegie romane” del D’Annunzio il distico di ottonari e novenari doppi con rima al mezzo; ma è un distico che, congiungendo spesso parole dissonanti e discordi, ottiene effetti ironici quasi irresistibili, tanto più se fatti emergere nel linguaggio parlato dei conversatori» (Guglielminetti, voce DBI, 2002). «Ho vivissima innanzi agli occhi la scena che si svolse alla Società di Cultura la sera ch’egli [Gozzano] vi giunse col fascio delle cartelle, in parte ritagliate da periodici e in parte manoscritte, che avrebbero dovuto costituire il primo abbozzo del libro. Stava in un gruppo festoso e ciarliero di letterati in erba l’amico Mario Vugliano [.]. Egli afferrò quel fascio di cartelle e incominciò a leggere, mentre intorno a lui continuava la conversazione. Ad un tratto lo vediamo buttar in disparte una pagina, esclamando: “D’Annunzio! via!.”; e poco dopo una seconda: “D’Annunzio! via!.”; e poi una terza: “Carducci dannunzianizzato! via!.”; e poi altre e altre ancora, con esclamazioni consimili. Serbò un piccolo manipolo di rime, nelle quali aveva sentito l’anima sincera dell’amico suo, cioè il vero Guido Gozzano, e gli disse: “Se mi ascolti, togli le prime e pubblichi soltanto queste”. Il Gozzano l’ascoltò»Bibl.; Calcaterra, «Con Guido Gozzano», Bologna, 1944, pp. 27-s.