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Periódicos

Aldo Ferrari,STORIA DEL RISORGIMENTO 1870-1918,1966 SEIT[Porta Pia,Vittorio V.

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Aldo Ferrari,
STORIA DEL RISORGIMENTO.
5° VOLUME,
Dalla presa di Porta Pia
a Vittorio Veneto 1870-1918,
S. E. I. T., Livorno 1966, prima edizione,
brossura, 22x16 cm., pp.382,
prefazione di Italo Malco,
peso: g.450

CONDIZIONI DEL LIBRO:
esemplare in ottime condizioni generali,
imperfezioni alla copertina




INDICE
Introduzione
PRINCIPI E FASI DELLA LOTTA POLITICA
NELLA TERZA ITALIA
Il nuovo periodo.......... Pag. 17
Il materialismo storico......... » 19
La lotta di classe nel mondo moderno ..... » 23
L'eguaglianza economica......... » 26
Programmi e mezzi.......... » 29
Caratteri della Rivoluzione proletaria...... » 32
L'avvento del Popolo in Italia....... » 37
I problemi residui.......... » 46
La questione meridionale........ » 50
L'emigrazione............ » 55
Il progresso economico.......... » 60

Parte I - IL PENSIERO
Cap. I - IL PENSIERO SOCIALISTA IN EUROPA
Gli utopisti antichi .......... Pag. 67
Gli utopisti moderni.......... » 73
Scuola inglese: Hodgskin e Mill ...... » 79
La scuola francese e Proudhon ....... » 85
I tedeschi: Marx, Lassalle e Stirner...... Pag. 93
Bakounine e i Russi..........» 108
Conclusione . ........» 112
Cap. II - I PRECURSORI DEL MOVIMENTO SOCIALISTA IN
ITALIA
G. Mazzini . .......... Pag. 113
G. Ferrari............» 123
G. Montanelli ........... » 132
V. Gioberti ............» 134
C. Pisacane ............» 136
La scuola socialista italiana........» 143

Parte II - L'AZIONE
Cap. I - IL TRAMONTO DELLA DESTRA
La nuova Italia e i suoi problemi ....... Pag. 149
Gabinetto Lanza - Sella........ » 160
Minghetti e la caduta della Destra......» 164
Cap. II - L'AVVENTO DELLA SINISTRA
La Sinistra al Governo ......... Pag. 170
L'altalena Cairoli - Depretis........ » 174
Dal Congresso di Berlino all'occupazione francese di Tunisi » 178
Il movimento sociale......... » 183
Il movimento intellettuale . ...... » 191
Cap. III - IL TRASFORMISMO
Il Trasformismo........... Pag. 194
Il tramonto di Depretis......... » 199
La triplice alleanza e la Col. Eritrea...... Pag. 203
La prima incarnazione di Crispi....... » 209
Di Rudinì............ » 217
Il Partito Operaio.......... » 220
Il Socialismo cattolico......... » 224
Il movimento intellettuale........ » 227
Cap. IV - LA LOTTA PER LA COSTITUZIONE
Giolitti e gli scandali bancari ....... Pag. 233
Il secondo Ministero di Crispi....... » 239
Cavallotti e la questione morale....... » 245
La catastrofe coloniale ......... » 251
Di Rudinì e le giornate di Milano....... » 254
Pelloux e l'ostruzionismo......... » 258
Il Partito Socialista Italiano ........ » 264
La cultura............ » 269
Cap. V - IL DECENNIO LIBERALE
Zanardelli e la restaurazione della libertà politica . . Pag. 273
Giolitti e la marcia trionfale del movimento proletario . . » 280
La prima parentesi giolittiana: Fortis e Sonnino ... » 285
La conversione della Rendita........ » 289
La seconda parentesi giolittiana: Sonnino e Luzzatti . . » 292
Il Monopolio delle Assicurazioni: vita e il suffragio universale » 295
La lotta di tendenze nel Partito Socialista..... » 299
Dalla Democrazia Cristiana al Modernismo ..... » 305
La decadenza della Triplice Alleanza..... » 309
Il movimento intellettuale........ » 313

Parte III - LA REAZIONE NAZIONALE
L'ITALIA E LA GUERRA MONDIALE
Il movimento nazionalista e la reazione nazionale . Pag. 321
La conquista della Libia......... » 325
Da Giolitti a Salandra......... » 328
Dalla neutralità all'intervento....... » 331
La guerra d'Italia: Salandra e Cadorna..... » 33S
Boselli e Cadorna.......... » 348
Orlando e Diaz ........... » 359
Il movimento intellettuale........ » 370
Indice dei nomi........... » 375


dalla PREFAZIONE di Italo Malco
Nato a Licciana Nardi, in provincia di Massa Carrara,
da Quinto e Clarice Formentini, il 14 febbraio 1888, il Fer-
rari compì gli studi medi alla Spezia, dove il padre, inse-
gnante elementare, s'era nel frattempo trasferito e ivi con-
seguì la licenza liceale, laureandosi poi in Lettere e Filosofia
a Pisa nel 1910. Iniziò la sua carriera d'insegnante a Racco-
nigi (anno scolastico 1910-11) quale supplente di Stona e
Geografia in quella Scuola Tecnica, passando poi nell'anno
seguente (1911-12) ad insegnare Lingua Italiana a Badia
Polesine.

Risultato frattanto vincitore del concorso a cattedre nei
ginnasi inferiori, lo troviamo Vanno dopo (1912-13) a Savona
e quindi per un biennio a Faenza (1913-14 - 1914-'15).
Interventista e volontario, fu alle armi colf entrata
in guerra dell'Italia e fece per tre anni il suo dovere di
soldato quale ufficiale d'Artiglieria sul Carso, sull' Altipiano
d'Asiago e sul Piave. Dopo il crollo degli austro-tedeschi
eccolo ancora al suo posto di lavoro nella scuola, a Cre-
mona (1918-'19), a La Spezia (1919-20), a Milano (1920-'21),
ancora alla Spezia (1921-22) e successivamente per un bien-
nio a Macerata (1922-23 - 1923-24), insegnante prima di
Storia e Geografia e poi, coll'applicazione della Riforma Gen-
tile, di Storia e Filosofia in quel Liceo.

Coll'anno scolastico 1924-'25 lo troviamo insegnante
presso il Liceo Artistico di Roma, da cui passò nell'ottobre
al Liceo « Tasso », rimanendovi fino al 1936. A tale data,
affaticato da una attività intellettuale e scientifica che risa-
liva agli anni della prima giovinezza e angustiato e addo-
lorato, lui vecchio socialista e democratico, dallo spettacolo
del quotidiano carnevale romano, chiedeva di essere trasfe-
rito alla Spezia, la città della sua adolescenza, in cui aveva
combattuto le prime battaglie politiche per la redazione del
proletariato e a cui era legato da tanti ricordi sentimentali.

Arrestato nei primi mesi del 1939 dalla polizia politica
fascista, sotto l'accusa di aver dato il proprio contributo al
Soccorso rosso, veniva liberato dopo alcuni mesi di carcere.
Depresso fisicamente e spiritualmente, allontanato dall'inse-
gnamento, quasi a solenne protesila contro chi aveva annul-
lato quegli ideali della sua giovinezza cui mai era venuto
meno, egli si dava la morte il 14 agosto 1939, pochi giorni
prima di comparire dinanzi alla commissione per l'asse-
gnazione al confino. Con lui la scuola italiana perdeva uno
dei suoi uomini migliori, un maestro di libertà e di vita e
uno storico di alto valore.

Dinanzi al suo sacrificio s'inchinarono non solo amici e
compagni di fede, ma si fecero muti e pensosi anche quei
storiografi ufficiali di parte fascista che durante molti anni
avevano cercato, magari con abili riserve, di attenuare il
valore della sua opera di storico del Risorgimento.

Ebbi la fortuna di conoscerlo negli anni che precedet-
tero la sua immatura fine e ne apprezzai la gentilezza dei
modi e la naturale modestia, fui attratto dalla gravità morale
che spirava dalla sua persona. Ero uno dei tanti giovani cre-
sciuti sotto il regime d'allora, irregimentati dagli anni della
infanzia nelle varie organizzazioni littorie, ma come tanti altri
sentivo in me viva l'esigenza di riscoprire quelle verità e di
illuminarmi a quegli ideali di libertà e di democrazia che il
fascismo aveva spenti. Quale occasione migliore per me della
serena, pacata conversazione con un uomo come Aldo Fer-
rari, rimasto fedele ai suoi principi, anche quando una pur
tepida adesione ai padroni del momento avrebbe potuto rap-
presentare per lui una cattedra universitaria o l'accesso ad
un brillante cursus honorum? Eppure non ho mai udito da
lui una recriminazione, una parola d'odio o di scherno.

Esercitava il suo magistero con una gravità morale rara
in ogni tempo, sfrondando la storia d'Italia dalle sovrastrut-
ture mitiche e retoriche care al fascismo, ne enucleava i
motivi vitali ed eterni e indirizzava i giovani verso gli ideali
di libertà cui si nutrirono gli uomini migliori del Risorgi-
mento. La sua parola era semplice, ma mai scarna ed era
vivificata dal calore della sua anima nobilissima.

Giosuè Carducci fu la prima guida spirituale del Fer-
rari, già negli anni della prima adolescenza, ma poi, come
ci dice egli stesso in uno scritto dedicato al grande versiliese
nell'occasione del primo centenario della nascita, altri dei,
coll'avanzare dell'età e col maturarsi del pensiero, vennero
a collocarsi accanto all'unico Dio nel Pantheon del suo spi-
rito: prima Croce che gli aperse la mente al pensiero filo-
sofico, poi Giuseppe Ferrari che gli rivelò l'arte magica della
evocazione storica, poi Mazzini che gli si pose come modello
supremo di perfezione morale. Ci fu chi ironizzò di fronte a
questa biografia spirituale tracciata dal Nostro e notò come
così diverse e contrastanti influenze intellettuali non si pla-
carono mai in armonia nel suo spirito. Rileggendo ora la
sua opera io oserei affermare nettamente il contrario. Car-
ducci, Ferrari, Croce, Mazzini, cui vorrei aggiungere Marx
e in parte anche Sorel e Oriani, rappresentano per il Fer-
rari gli elementi costitutivi della sua personalità di storico
e di pensatore. Egli ha riplasmato e rifuso in sè i diversi ele-
menti assorbiti dalla loro opera e ci appare ora come uno
storico disancorato dalle fredde pastoie dell'erudizione mi-
nuta, lo storico che sente unitariamente le vicende del grande
secolo che ha visto il miracolo dell'unità italiana.

A quest'opera il Ferrari attese quasi tutta la vita e, come fu giusta-
mente osservato, lo scrivere di storia, e proprio di storia del
Risorgimento, non rappresentò per lui il soddisfacimento di
futili curiosità nè pretesto per esercitazioni letterarie. Egli
è storico della famiglia dei Michelet e dei Thiers e ogni sua
pagina è perfusa da un calore spirituale tanto raro negli infi-
niti scritti che illustrano le tappe del nostro riscatto. Il Fer-
rari aveva forse da poco lasciato le aule liceali quando affidò
per la prima volta uno scritto alla stampa. Lo ricorda lui
stesso.

Era morto da qualche giorno Giosuè Carducci e il
giovane studente, tutto pieno della sua poesia e dei suoi
ideali, lo rievocò in un articolo comparso sulla « Libera Pa-
rola », settimanale del Partito Socialista Italiano che si pub-
blicava allora alla Spezia. Il giovane Ferrari si chiedeva in
quello scritto chi mai avrebbe potuto commemorare degna-
mente in quel momento e raccogliere l'eredità del Poeta vate
della terza Italia. Non d'Annunzio, per cui non provò mai
nessuna infatuazione, non Pascoli, la cui poesia ammirò ma
sentì un po' distante da sè per quel che di morbido v'è in
essa, ma i giovani, che avevano respirato l'amore di patria
attraverso le poesie e le prose del poeta della terza Italia,
avrebbero potuto soli commemorarne e continuarne l'opera.
Intanto il Ferrari scopriva e si esaltava nella lettura e nello
studio dell'opera di un suo omonimo quasi dimenticato, Giu-
seppe Ferrari, l'autore della Filosofia della Rivoluzione, delle
Rivoluzioni d'Italia, e degli Scrittori Politici e al Ferrari
dedicava un grosso volume, uscito nel 1914, in cui formu-
lava un giudizio pressoché negativo della sua opera filoso-
fica, rivelando invece e valorizzando la sua opera di storico.

Questo atteggiamento verso Giuseppe Ferrari fu rimpro-
verato al Nostro dalla critica ufficiale che non vedeva nel
pensatore e nello scrittore dell'ottocento nulla di più di un
« maniaco e sofìstico di alto ingegno », per limitarci ad una
affermazione di Gioacchino Volpe, ma è indubitato che
l'entusiastica adesione che il Nostro dimostrò in ogni tempo
per l'opera del pensatore e uomo politico del secolo scorso
nasceva da affinità elettive, da ragioni di congenialità, e
pur ritornando in seguito a trattare di lui, prima in un lungo
articolo pubblicato sulla Nuova Rivista Storica del luglio-
agosto 1918 e in seguito nel quarto volume della sua Storia
del Risorgimento, non si allontanerà per nulla dal giudizio
formulato nell'opera pubblicata nel 1914.

Anche nell'esposizione che il Ferrari stesso fece di un
disegno generale e ragionato di Storia del Risorgimento Ita-
liano in un lungo articolo pubblicato nel numero di maggio-
agosto 1919 della stessa Nuova Rivista Storica, si possono
avvertire presenti le influenze del suo omonimo in quello
schematismo classificatorio di cui parla il Ghisalberti e che
informerà poi i quattro volumi apparsi dal 1923 al 19S8 e
nella accentuata interpretazione democratica del Risorgi-
mento che gli storici ufficiali gli rimproveravano ma che in
lui rappresentava un'esigenza viva e vissuta. Pochi uomini
infatti della generazione del Ferrari seppero rivivere in sè
tanto sinceramente quei concetti di libertà, di nazionalità,
di democrazia, di socialismo cui rimase fedele tutta la vita
[...]






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