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Periódicos

DIANA ARTOM.OPERE 1963-1997,Catalogo mostra Diagonale[arte contemporanea,pittura

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a cura di Massimo Riposati,
DIANA ARTOM.
OPERE 1963 - 1997,
Catalogo della esposizione,
DIAGONALE Centro Iniziative Multimediali
Palazzo Rondanini, Piazza Rondanini, 48 - Roma
21 novembre - 13 dicembre 1997
testo di Augusta Monferini,
brossura, 30x24 cm., pp.64,
numerose illustrazioni a colori,
testo in italiano ed inglese,
peso: g.400

CONDIZIONI DEL LIBRO: ottime, come nuovo






dal testo introduttivo

Diana Artom di Augusta Monferini

"La pittura di Diana, che è di oggi, non condivide in alcun punto il versante sfacciato della
modernità" scriveva nel '90 Fabio Mauri introducendo una sua mostra.
Ed è verissimo: Diana Artom non insegue le mode che via via si affacciano con ritmi sempre più
sfacciatamente arbitrari; né sembra curarsi molto del mondo, non rincorre il successo, non si
preoccupa di piacere, non è disposta a concedere al condizionamento dei conformismi; cerca se stessa,
la propria naturalità, il proprio riscatto dall'inquietudine.
E una creatura solitaria, appartata, attenta ad ascoltare in silenzioso isolamento la propria vita
interiore: fatta di fisiologia di anima, del battito del proprio cuore, del ritmo del proprio respiro, del
soffio caldo che risale dalle profondità dell'inconscio. Per tradurre questi ascolti in visioni colorate, in
fantasmi di una erompente plasticità senza contorni'.

Dipinge e disegna da sempre, da quando è stata in grado di tenere una matita o un pennello in mano.
Crescendo ha poi scoperto che anche le parole potevano dar vita a quel mondo visionario che preme
con urgenza dentro di lei. Anche le parole, con la sottigliezza di ami o di sonde potevano penetrare
nella zona segreta degli umori più intimi, dei sentimenti più inaccessibili e liberare immagini, visioni
abbaglianti, presenze enigmatiche altrettanto vive e vitali di quelle sgorgate dal pennello o dal disegno.
Poesia e pittura sono infatti, a partire dalla sua più piena maturità, le fasi alterne di un paziente e
laborioso scrutinio di se stessa, di una incessante ricerca dell'altra metà di sé, quella sommersa e
sconosciuta, proprio quella che Diana incalza e insegue con accanimento e che intende svelare
soprattutto a se stessa.

Nonostante l'indubbio talento, ha a lungo trascurato la cosiddetta "carriera d'artista", esponendo
sporadicamente, senza continuità, senza cercare occasioni e solo quando vi si è lasciata impigliare.
Soltanto ora, dopo anni di laboriosa e lunga attività di pittura "introspettiva", appena calmata la sua
ansia di autocoscienza, le è possibile mostrare in una rassegna impegnativa, con oltre cinquanta opere
tra oli e pastelli, un trentennio circa di lavoro. È questa la prima rassegna che ci rivela interamente,
dal '63 ad oggi, il suo percorso: e ce lo rivela compatto, organicamente costruito con grande coerenza,
seguendo una direttrice principale, un "espressionismo" del colore.

Il colore è il protagonista assoluto nella pittura di Diana, che negli anni ha imparato ad impiegarlo
con sempre maggior maestria, piegandolo ad esprimere tutto ciò che lei chiede alla pittura.
In questi dipinti, che percorrono un trentennio e oltre di lavoro, il tratto che risulta evidente, pur nei
lievi e fisiologici mutamenti e assestamenti della visione, è la scelta fondamentale che l'artista ha
compiuto e alla quale rimane fedele nel tempo. Diana ha scelto il colore come unico elemento
costruttivo e espressivo della propria visione.

Diana cerca la propria "natura", di creatura "naturale", e va trovandola attraverso un confronto
interiorizzato con le libere, naturali forme della natura. Però il disegno non esiste in natura, mentre
esiste il colore; appropriarsi della natura e delle sue suggestioni, farla specchio della propria natura,
non si può ottenere disegnandola, ma interiorizzandone i colori.
Tutto viene risolto con il colore: dalla griglia spaziale dell'impianto compositivo, alla definizione
plastica delle figure che abitano le sue scene scarne ed essenziali. E un colore ora aggressivo, urlato,
con tonalità cupe e acide, ora leggero, pacato, avvolgente come un'onda sonora. Per le sue qualità
costruttive viene usato prevalentemente nei valori primari di rossi, gialli e neri; si lascia impregnare di
luce riverberando incandescenze, o alla luce si sottrae incupendosi in ombre notturne; ora si stempera
in pennellate leggere per far traspirare l'aria, ora si annoda in sequenze intonate o distoniche, creando
tessiture screziate, ricche di materia.

Che il colore proprio per le sue intrinseche qualità fosse in grado, attraverso un'appropriata
orchestrazione, di comunicare immediatamente con quella sfera che noi chiamiamo in modo confuso
istinto, umore, sentimento, lo aveva scoperto e praticato in ogni declinazione un espressionista come
Nolde. Diana assume questo codice espressivo a sistema assoluto, come fuori dal tempo, utilizzandolo
in modo congeniale alla sua personalissima visione.

In questa scelta intervengono anche forse tratti caratteriali propri di Diana, come persona. Ribelle e
insofferente ad ogni schema, regola o comportamento che non muova dalla ricerca dell'autentico,
avverte un'attrazione istintiva verso questa via dell'espressionismo, come lei stessa dichiara; perché le
consente di riaffermare il principio che la pittura deve obbedire a un moto spontaneo, deve essere il
mezzo più diretto per riattingere a un mondo di purezza originaria, per esprimere la libertà degli
impulsi e liberare da ogni costrizione o compressione l'autenticità dei sentimenti: purificare alla
fiamma dei sentimenti la realtà vile del mondo sino ad esprimere l'anima delle cose, in sintonia con la
propria. È il linguaggio che riesce a dare dell'oggetto l'immagine più profonda, l'immagine più
"primordiale", ormai lontana da quello che i nostri sguardi ciechi arrivano a percepire.
È un linguaggio che attraverso la ricerca di profondità ritrova il meraviglioso in un progressivo
avvicinamento alla rivelazione.

Così Diana arriva a liberarsi delle proprie ossessioni o angosce, scaricando in una pittura visionaria i
fantasmi dell'inquietudine; da quelle sagome senza volto, indefinite o profilate di spalle che spesso
abitavano i suoi dipinti, giunge gradatamente alla visione incantata dei suoi più recenti paesaggi
irreali, stati d'animo di pura e incantevole felicità. Forse legati a memorie che via via si decantano, che
via via si incanalano verso una direzione, sognante, di futuro e di attesa.











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