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Charle,LETTERATURA E POTERE,Sellerio 1979[Affaire Dreyfus,politica,Zola
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Details
Description
Christophe Charle,
LETTERATURA E POTERE,
Sellerio editore, Palermo 1979, prima edizione,
brossura, 20,5x13,5 cm., pp.53,
introduzione di Vincenzo Consolo
titolo originale: Champ littéraire et champ du pouvoir:
les écrivains et l'Affaire Dreyfus,
« Annales E.S.C. », n. 2, Paris, 1977.,
traduzione di Paolo Brogi,
collana PRISMA n.9,
peso: g.50
CONDIZIONI DEL LIBRO: ottime
Indice
Introduzione di Vincenzo Consolo 9
Letteratura e potere 17
Il campo letterario come matrice del campo politico 21
Situazione di gruppo e posizione politica 34
Un esempio di devianza: Anatole France 45
Conclusione 52
dall'Introduzione di Vincenzo Consolo
« Dietro le mie azioni non si nascondono né ambizione politica,
né passione di settario. Sono uno scrittore libero, che ha dedicato la
vita al lavoro, che domani rientrerà nei ranghi e riprenderà la propria
opera interrotta... E per i miei quarant'anni di lavoro, per l'autorità
che la mia opera ha potuto darmi, giuro che Dreyfus è innocente...
Sono uno scrittore libero che ha un solo amore al mondo, quello per
la verità... ».
Così Emile Zola, nelle lettere-interventi pubblicati su « Le Figaro »
e su «L'Aurore» dal 25 novembre 1897 al 22 dicembre 1900, in
tutto tredici, raccolti idealmente e poi materialmente sotto quel titolo,
J'accuse, scelto da Clemenceau per la pubblicazione della Lettera al
signor Félix Faure, presidente della Repubblica, la più famosa, la più
appassionata e calcolatamente esplosiva, quella che gli costerà la con-
danna a un anno di carcere e a tremila franchi di ammenda, undici
mesi di esilio in Inghilterra (oltre alla sospensione dalla Legion
d'Onore, e agli insulti, le aggressioni, il linciaggio). Lettere-interventi
in cui lo scrittore abdica, per così dire, alla sua condizione di letterato
per divenire intellettuale, « politico », e per cui adotta un altro tipo
di scrittura. « Nel momento in cui l'intellettuale si sostituisce allo
scrittore, ... nasce una scrittura militante interamente liberata dallo
stile e che è come un linguaggio professionale della " presenza " » —
scrive Roland Barthes. Liberatosi dunque dal suo stile (e non inten-
diamo, noi, con questo, un mero fatto formale, ma l'organizzazione di
elementi — struttura, situazione, personaggi — ai fini del romanzo.
Zola, poi, come Stendhal, Flaubert, Balzac, Proust, non ha fatto che
raccontare la società francese del suo tempo, e in uno stile realistico,
anzi, secondo la sua invenzione, nella obiettività del verismo), uscito
fuori dalla sua condizione di scrittore, divenuto « politico », Zola, in
quei suoi interventi, ricorre alla scrittura posseduta dalla « storia »,
adottandone tutti i toni: si fa cronista, tribuno, predicatore, profeta,
forense — tecnico, persino: nel J'accuse denuncia nominativamente
gli accusatori di Dreyfus per attirarsi l'imputazione di diffamazione e
far aprire così un nuovo processo, far trasferire /'affaire dalla giurisdi-
zione militare a quella civile. Ma ci sta, dentro quella scrittura, come
a disagio, a disagio fuori dal suo stile, fuori dalla sua condizione di
scrittore. Ma ci sta. [...]