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Parlare delle feste della rivoluzione francese e di ciò che esse indicarono a proposito dell’uso e della trasformazione della città, diventa non solo un modi di raccontare “l’architettura” della rivoluzione (chè alla fin fine all’effimero delle feste o poco più si riduce la produzione architettonica degli anni rivoluzionari) ma infine e soprattutto la storia di un disagio non solo sociale e ideologico verso strutture politiche invecchiate, che matura e si rivela anche nell’uso della città, trasformata e modificata a immagine del clima e dell’ideologia rivoluzionaria. Per la prima volta accade quindi che la città, intesa come visualizzazione di un potere e di una ideologia legata a una precisa epoca storica, si dimostri invecchiata, superata e inadatta a esprimere il clima montante. Ma risalire alle feste rivoluzionarie è stato anche un modo di ritrovare le matrici di un atteggiamento concettuale verificato nel recente passato nell’osservazione delle fenomenologie che hanno condotto, soprattutto alla fine degli anni ’60, a un uso della struttura urbana dissacratorio, marginale, non solo rispetto alla configurazione geografica, ma anche alle filosofie di cui la città costituisce la visualizzazione. — Testi: Pettena Gianni. F.to: 13,5x21; pagg. 272; 126 ills; rileg. brossura. Editore: Marsilio Editore, Venezia, 1979.