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Libreria Carducci - Udine
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Seconda edizione. I Versi friulani vennero editi in prima edizione nel 1908, con una dedica a Fruch e Corvatt, nel loro ventaglio metrico (distici, ternari non rimati, quartine di senari e settenari, sonetti) non includono schemi mutuati dalla poesia popolare. Istantanee di paese non risapute (ancora gli emigranti stagionali) si alternano con scorci di paesaggio, con i ritmi della natura, ma anche con una chiave più introspettiva, con notturni più inquieti. Sono trentasette i testi nella edizione del 1908, dieci dei quali vengono espunti nella edizione del 1921, che ne aggrega altri quindici. La scelta del 1954 ne cancella sei, per assorbire in parte Lis vilotis des oris [Le villotte delle ore], già apparse nell’opuscolo per nozze Malattia della Vallata-Montanino del 1925 (e – ma non tutte – nello «Strolic furlan» per il 1923). Nella edizione del 1921, con dedica al padre, si colgono i ritorni al mondo dell’infanzia e dei primi acerbi amori, l’omaggio istituzionale a Zorutti, la dimensione stilizzata di una vita quieta, ripiegata nel cerchio riposante della campagna. Dove sono visibili tracce carducciane (il Comune rustico) e pascoliane (il topos del paesaggio immerso nella nebbia). Prevale, con la terzina, la misura del sonetto e della villotta. Ed è la villotta la chiave dell’aggancio con l’universo popolare. Con esiti noti e felici: come la malinconica sequenza di Ciase scure («Buine sere, ciase scure, / ciase scure in miec’ dai ciamps, / e iò spieti tè criure / che ti ilùminin i lamps…» [Buona sera, casa scura, / casa scura in mezzo ai campi, / e io aspetto nel gelo / che ti illuminino i lampi…]), la inusualità delle similitudini, con guizzi maliziosi («Biele frute, biele frute / alte e fres’ce come un pôl: / se iò fòs ’ne passarute / sóre te larès di svôl» [Bella ragazza, bella ragazza / alta e fresca come un pioppo: / se io fossi un passerotto / su di te andrei in volo]). A essere rimodulati sono anche i canti della questua rituale: «Bón dí e bón an, siôr parón, / che Dio us dédi dal bén! / chest an e chest an cu-vén!…» [Buon giorno e buon anno, signor padrone, / che Dio vi dia del bene! / questo anno e l’anno che viene!…]). Nel complesso: «Innovò senza volere, antecipando la stagione di una poesia friulana non estranea alla raccolta anima del popolo di cui ritrae la parlata, il sentire, l’ambiente, ma non pregiudicata da questi fattori…» (Cantarutti). Copertina in pergamena. Pp. 117. Buone condizioni.